Rosarosae

Erano tempi bui. Le rivoluzioni si succedevano le une alle altre. Avevano nomi antichi: destra, sinistra, socialisti, controrivoluzionari, ecc…
Era sempre notte. Buia, senza luna, senza luce, neanche quella artificiale dei lampioni. Ma con molte stelle.
Le persone se ne stavano rintanate in palazzi alti e bianchi. Uscivano raramente. Non si andava più fuori  a cercare cibo. Quello dell’anima qualcuno lo cercava ancora. Si campava di quel poco che si era messo da parte. Come era sempre stato da quelle parti. Si aspettava. Il sole, prima o poi, sarebbe sorto di nuovo a ridare gioia e speranza.
Lei, Rosarosae si aggirava sempre per le strade buie di quella città rivoluzionaria-controrivoluzionaria, ecc…
Era sempre in attesa di qualcosa. Che qualcosa di bello anche a lei accadesse. Come era successo a qualcuno, che, si diceva, aveva trovato l’autobus giusto per andarsene via di là. Verso la costa o la collina, verso la luce, fuori da quella città paludosa, fredda, dove era sempre notte.
Un giorno- notte, mentre si si stava aggirando per  strade particolarmente limacciose e buie, dove il selciato luccicava nero e umido sotto la fredda luce delle stelle, Rosarosae trovò per terra un giornale. Lo raccolse. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo. Era un giornale della controrivoluzione e se gli attuali vincitori, i rivoluzionari, socialisti, ecc…, l’avessero vista con quel giornale l’avrebbero assalita, picchiata, forse uccisa. Ma lei era troppo curiosa e così lo raccolse. E se lo mise sotto il braccio, sperando che i capannelli dei vincitori che stazionavano in diversi punti della città, non si accorgessero di lei.
Passò vicino ad uno di essi e in effetti nessuno si accorse del giornale che Rosarosae portava sotto il braccio.
Si stava avviando verso la fermata dell’autobus che sperava l’avrebbe portata fuori dal buio perenne, verso qualche stazione climatica riservata a chi aveva fortuna o buone conoscenze.
Sapeva qual era l’autobus giusto, ma era incerta sul da farsi. Su cosa fosse meglio per lei.
Raggiunta la fermata degli autobus, gettò il giornale controrivoluzionario in un cestino dei rifiuti. Capì che non le sarebbe più servito. Salire sull’autobus giusto dipendeva ormai solo da lei. Aspettò parecchio senza che passasse nessun autobus. Poi dopo un bel po’ ne passò uno. Ma non era il suo. Ma siccome era stanca di aspettare vi salì sopra. L’autobus partì. Lei sapeva che era quello sbagliato e che era stato stupido salirci. Così non pagò il biglietto e scese a una delle prime fermate. Dovette prendere l’autobus che ritornava da dove era partita. Quando ci arrivò pensò: ho solo perso tempo.
Aspettò ancora il suo autobus giusto. Arrivò finalmente, ma era talmente pieno di gente che non vi salì. Un signore che era lì alla fermata le disse: dai, sali, è il tuo autobus, quello giusto. Ma lei gli disse, o si disse: è troppo pieno. E non salì. Rimase lì ad aspettare. Fiduciosa, dopo tutto.

2 Risposte a “”

  1. secondo me sei troppo buona, due complimenti in una volta sola…potrei montarmi la testa…
    ciao
    e grazie
    Dianella 

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