No more to say & nothing to weep for
An elegy for Allen Ginsberg

“ Mi sembrava una cosa giusta aprirsi e rivelare tutti i desideri”

Si tratta di un documentario – omaggio alla figura di Allen Ginsberg pubblicato per Channel 4 Television nel 1997, anno della morte del poeta. E’ stato in seguito prodotto in DVD nel 2006.
Si avvale del contributo di molte persone che a vario titolo sono state vicine a Allen fin dalla gioventù o più recentemente. Si va dalla testimonianza del poeta Gary Snyder suo amico fin dai tempi del reading alla Six Gallery del 1955 in cui Allen declamò per la prima volta Howl, al compagno di una vita come Peter Orlovsky, a Patty Smith, a Gelek Rinpoche, suo maestro di meditazione buddista. Non manca, naturalmente, il contributo di Lawrence Ferlinghetti, primo editore di Ginsberg.
Il DVD è diviso in capitoli, come un libro: Early life; Jack Kerouac; San Francisco; Howl; Naomi Ginsberg; protest; Buddhism; Death.

Nella prima parte appare un Allen Ginsberg quarantunenne, dal viso dolcissimo,ironico,bellissimo,che comincia a parlare della sua infanzia; subito dopo appare lo stesso Allen ma già molto vecchio che viene intervistato per l’ultima volta. Sia in questa prima parte che nelle altre un ruolo preminente viene dato alla famiglia di Allen, soprattutto alla madre, morta pazza in un ospedale psichiatrico e che si vede giovane e allegra in compagnia di Ginsberg bambino.
Poi l’intervista continua con il racconto del debito artistico verso Kerouac, la dettagliata e già mille volte raccontata visione di William Blake del 1948, l’incontro con Gary Snyder che per primo lo introduce alla filosofia orientale; e poi l’incontro fatale con Peter Orlovsky, “ mi strappò il cuore dal petto”, dice nel film Allen. Peter compare poco dopo, vecchio e malmesso dice con voce cavernosa: “ mi innamorai di lui perché recitava poesie a memoria”.
Parlando della prima lettura di Howl del 1955 Snyder dice “ era come la goccia che fa cristallizzare la soluzione”.
Insomma, il film ripercorre tutta la vicenda umana e artistica di Ginsberg con un’insistenza inaspettata nei confronti della famiglia, sia la madre, come dicevo prima, ma anche il padre, lui stesso poeta e suo primo maestro.
Nell’intervista che fa da motivo conduttore del film, Ginsberg rivela a proposito del poema Howl un dettaglio poco conosciuto. E cioè che quando Ferlinghetti, subito dopo il reading alla Six Gallery, gli propose la pubblicazione, lui era incerto se accettare: “ Capii che non potevo pubblicarlo senza offendere la mia famiglia. Ero sensibile, non volevo che sapessero che ero omosessuale”. Allora glielo spedì, la risposta, dice Allen fu: “ Ok, le parole scurrili sono superflue, ma è un poema eccezionale”.
Poi, racconta Allen ci furono i viaggi, il più importante dei quali fu quello in India, dove imparò a salmodiare Mantra, cosa che continuerà a fare durante le manifestazioni hippies degli anni ’60 e in quelle politiche per la pace.
L’ultima parte del documentario è dedicata alla conversione al buddismo tibetano. “ Studiavamo insieme”, dice il maestro Gelek Rinpoche, “cercavamo di imparare l’essenza del buddismo tibetano. Rimasi stupito, mi aspettavo un poeta arrabbiato”. Fondamentale fu anche l’incontro con il maestro tibetano Chovgam Trungpa Rinpoche, incontrato per caso per strada a New York. Nel 1970 questo maestro fonderà una famosa Università Buddista, l’Istituto Naropa di Boulder, molto attiva ancora oggi. Qui Ginsberg creò la Scuola di Scrittura Creativa in onore di Jack Kerouac, la “ Disembodied poetics”.
L’ultimo capitolo del documentario è dedicato alla morte del poeta. Al suo letto di morte. “ Aprì gli occhi”, dice Peter Orlovsky vicino al letto di morte di Allen,“eravamo circa undici, tutti svegli alle 2,30 del mattino di venerdì e fu una morte molto serena. E adesso Gelek Rinpoche invita l’anima di Allen a uscire e a raggiungere la luce, proprio ora. E se Allen non riesce a farlo, Gelek e i suoi cantori tibetani dicono che ti auguriamo una buona rinascita”.

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