Urlo di Allen Ginsberg
in Jukebox all’idrogeno
a cura di Fernanda Pivano

A quelli che scrivono poesie chiedo: ma voi ce la mettete l’anima in quello che scrivete? E lo stomaco ce lo mettete? E il cuore? E le gambe per correre e scappare ce le mettete? E tutta la vostra energia mentale ce la mettete? E tutti i vostri difetti, vizi, porcherie, infedeltà, inettitudini, e paure, ce le mettete?
Se non ce li mettete, va bene lo stesso. Purché lo ammettiate. Ammetterlo è già farlo.
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Il poema Urlo di Allen Ginsberg è un viaggio dentro se stesso e dentro le coscienze dei propri amici e dentro la coscienza dell’essere umano in quanto tale. Ginsberg guarda nel profondo di questo essere umano che egli è e quello che trova lo tira fuori così com’è, e lo scrive nello stesso stato in cui lo trova.
Per leggere Urlo si deve fare un po’ di fatica. Fatica fisica. Perché ti lascia senza respiro. Ma è una bella, stupenda fatica. La traduzione che ho scelto di proporvi è quella della Fernanda Pivano, contenuta nell’antologia di poesie di Ginsberg, Jukebox all’idrogeno. E’ piena di note esplicative e utilissime che ci aiutano a capire luoghi, persone, fatti significativi a cui Urlo si riferisce.
Per capire e apprezzare Urlo bisogna dimenticarsi di quanti jeans Levis ha fatto vendere la cosiddetta beat generation.
Media, industriali e commercianti hanno trasformato fin dal suo inizio la beat generation in un marchio per vendere jeans appunto e camice, macchine e pulmini, cappelli e sciarpe, giornali, film e dischi. E anche un sacco di droga. Anche libri di chi ne faceva parte, e quelli scritti su chi ne faceva parte.
Questo marchio fortunato ha fatto vendere i libri di Ginsberg e Kerouac, anche se pochi li hanno letti come opere letterarie. La maggior parte ha voluti vedere questi e altri scrittori dell’epoca in maniera miope e ristretta, come rappresentanti di una generazione, come simboli di un malessere sociale, o peggio ancora come una manica di degenerati drogati e beoni. Ma solo se li leggiamo unicamente come autori di opere letterarie saremo in grado di apprezzarli o respingerli. Se invece ci facciamo guidare dai nostri pregiudizi sui loro stili di vita non saremo mai in grado di farlo.
“ Le opere che vengono prodotte come opere letterarie andrebbero viste per quello che sono….Tutti i nostri lavori ( si riferisce a Kerouac e Burroughs) hanno decisamente una base di conoscenza della letteratura del ventesimo secolo, da Gertrude Stein ai surrealisti” (A. G.,Facile come respirare, pag. 66-67 ).
Urlo è la poesia in cui, per sua stessa ammissione, Ginsberg utilizza la tecnica di scrittura inventata dal Kerouac. “ Howl è decisamente influenzato dal metodo della scrittura spontanea di Jack ( Facile come respirare, pag. 56 ). Dopo aver scritto delle poesie molto formali, decisi di lasciare andare quello che avevo dentro, di dire tutto quello che mi passava per la testa” ( pag. 100 ).
In Note scritte quando finalmente venne inciso Urlo Ginsberg dice: “ pensai che non avrei scritto una poesia, ma avrei semplicemente scritto ciò che volevo senza paura, avrei lasciato andare la mia immaginazione, aperto il sacrario, e buttato giù versi magici dalla mia mente reale, qualcosa che non avrei potuto mostrare a nessuno. Così il primo verso di Urlo; Ho visto le menti miglioriecc, l’intera prima sezione battuta a macchina all’impazzata in un pomeriggio… lunghi versi come ritornelli di sassofono di cui sapevo che Kerouac avrebbe udito il suono, traendo dalla sua prosa ispirata una poesia veramente nuova” (pag 453 di Jukebox all’idrogeno).
E continua dicendo di essere consapevole che sostenere il verso lungo presente in Urlo senza cadere nella prosa non sia facile. “ E’ l’ispirazione naturale del momento che lo tiene in movimento…la mente usata in spontaneità inventa forme a sua propria immagine” ( pag. 454 ).
In pratica il verso lungo caratteristico di Urlo è la forma naturale che assume l’immaginazione di Ginsberg, un’immaginazione che parla il linguaggio della poesia.
In senso tecnico Urlo si regge sull’uso anaforico di alcune parole come “ che” e “ Moloch”, in versi lunghi alla maniera di Whitman che risultano in tal modo legati e connessi tra loro. L’uso dell’anafora serve inoltre a tenere il ritmo e come base a cui ritornare.
Urlo nasce quindi come una lunga improvvisazione di scrittura in cui Ginsberg, come ha imparato a fare da Kerouac, insegue, rincorre i propri pensieri ed emozioni con il loro originale ritmo. Ginsberg era infatti convinto che questo fosse possibile, che cioè la poesia fosse la lingua con cui la mente esprime se stessa.
Urlo è poesia epica e intimista, universale e autobiografica, legata in gran parte a fatti e situazioni vissuti da una rete di amici scrittori, come Kerouc, Burroughs, Cassady. Ogni strofa è un episodio della loro quotidianità: viaggi, interminabili discorsi, camminate per le strade che duravano tutta la notte, bevute, sesso e droga. Ma il linguaggio è poetico. In un continuo sfuggirsi e rincorrersi come in queste strofe:
”schiera perduta di conversatori platonici precipiti dai gradini d’ingresso dalle scale di sicurezza dai davanzali dell’Empire State giù dalla luna”
“ farfugliando strillando vomitando sussurrando fatti e ricordi e aneddoti e sensazioni ottiche e shocks di ospedali carceri e guerre”
“che guidavano est-ovest settantadue ore per sapere se io avevo una visione o tu avevi una visione o lui aveva una visione per scoprire l’eternità”.
O in quest’altra in cui droga, sesso, buddismo, lavoro e studio vengono tenuti insieme, senza paura di autocontraddirsi: “che si ritiravano in Messico per conservarsi alla droga, o a Rocky Mount per il tenero Buddha o a Tangeri a ragazzini o alla Southern Pacific per la locomotiva nera o a Harvard o a Narciso o a Woodlawn alle orge o alla fossa”.
Protagonista di una parte di Urlo è Neal Cassady, il grande amore giovanile di Ginsberg. A lui si riferiscono queste strofe:
“ che andavano a puttane in Colorado in miriadi di macchine notturne rubate, N.C., eroe segreto di queste poesie, mandrillo e Adone di Denver-gioia alla memoria delle sue innumerevoli scopate di ragazze in terreni abbandonati & retrocortili di ristoranti per camionisti…”
“ che andavano a Denver, che morivano a Denver, che ritornavano a Denver & e aspettavano invano, che vegliavano a Denver…”
Urlo è diviso in quattro parti. La prima tratta della disperazione della vita e delle coscienze, e nello stesso tempo della gioia furibonda dell’essere vivi. E’ totalmente autobiografica, c’è lui, Allen, i suoi amici, le loro strade, città, parchi; e c’è Neal Cassady, il grande non contraccambiato amore della sua vita.
La seconda parte è dedicata a quello che Ginsberg chiama Moloch ( divinità antica resuscitata dal mostro-città ). E’ scritta sotto l’effetto del peyote. “ Mi ubriacavo di Peyote. Vidi sugli ultimi piani di un grande albergo un’immagine del teschio robot di Moloch che fissava nella mia finestra. Qualche settimana dopo mi ubriacai di nuovo, il viso era ancora lì nella metropoli rossa fumosa del centro, scesi giù per Powell Street mormorando Moloch, Moloch tutta la notte e scrissi la seconda parte di Urlo quasi senza correzioni nella cafeteria ai piedi del Drake Hotel” ( Note scritte quando finalmente venne inciso Urlo, pag. 455 ). Eccone alcune strofe:
“ Moloch il cui amore è petrolio e pietra senza fine! Moloch la cui anima è elettricità e banche! Moloch la cui povertà è spettro del genio! Moloch la cui sorte è una nube di idrogeno asessuale! Moloch il cui nome e la Mente”;
Moloch che mi è entrato presto nell’anima! Moloch in cui sono una coscienza senza corpo! Moloch che mi ha fatto uscire spaventato dalla mia estasi naturale! Moloch che io abbandono! Svegliatevi in Moloch! Luce che cade dal cielo!
La terza parte di Urlo è dedicata a Carl Salomon che Ginsberg incontrò in manicomio, dove rimase rinchiuso per quasi un anno. Tratta della pazzia, uno degli incubi della vita di Ginsberg, segnato dalla schizofrenia della madre, cui dedicò il poema Kaddish.
Cito solo una strofa a titolo esplicativo: “ Sono con te a Rockland dove in camicia di forza gridi che stai perdendo la partita al vero ping pong dell’abisso”.
La quarta parte è una specie di litania. “ Ricordai il ritmo archetipo di Santo Santo Santo mentre piangevo in un autobus a Karney Street e lo scrissi quasi tutto in un taccuino lì sul posto ( Note scritte quando finalmente venne inciso Urlo, pag.456 ).
“ Santo Peter, santo Allen santo Solomon santo Lucien santo Kerouac santo Huncke santo Burroughs santo Cassady santi gli sconosciuti mendicanti sodomiti e sofferenti santi gli orrendi angeli umani!

Allen Ginsberg (Newark,1926 – New York 1997) scrittore americano.
Allen Gisberg, “ Urlo”, in Jukebox all’idrogeno“ Guanda Editore, 2006.
Prima edizione: 1992
Allen Ginsberg, Facile come respirare, minimum fax, 1998
Approfondimento in rete:
http://it.wikipedia.org/wiki/Allen_Ginsberg
http://www.allenginsberg.org/
sito della Jack Kerouac School of Disembodied Poetics, scuola di scrittura creativa fondata da Allen Ginsberg e Anne Waldman in onore e ricordo di Jack Kerouac: http://www.naropa.edu/swp/index.cfm.
archivio di innumerevoli risorse in rete di audio di Allen Ginsberg: http://howlcat.naropa.edu/cgi-bin/koha/opac-search.pl?q=howl&limit=:

 

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