Ginsberg Allen, Snyder Gary, Watts Alan, Leary Timothy, Dialogo a Sausalito
Turn on, tune in, drop out – accenditi, sintonizzati, ritirati( T.L.);
Secondo me il problema è se gettare tutte le proprie energie nella “sottocultura” o se cercare di mantenere una certa rete di comunicazione all’interno della cultura ufficiale” (G.S.)

Per come la vedo io ci sono epoche in cui una potente energia positiva si spande fluida tra i corpi, tra i luoghi, tra le strade. E poi ci sono le altre epoche, come quella che stiamo vivendo, in cui tocca all’energia distruttiva ad avere la meglio. Se volete chiamarla la lotta tra il bene e il male fate pure. Se invece siete dediti ad analisi materialistiche e scientifiche, a me va bene lo stesso. Se pensate che tutto dipenda dalle cosiddette cause economiche e politiche, per me è ok. Però questo non è il mio caso. A me piace pensare che una miriade di cause e condizioni, impossibili da individuare e decifrare con chiarezza, si condensino nei corpi degli esseri umani nei luoghi che essi abitano, sotto forma di energia che li spinge a muoversi ed ad agire, come sotto dettatura delle loro menti positive e generose oppure dalle loro menti avide e distruttive.
Tra il 1966 e il 1968 in una parte degli Stati Uniti, cioè a S. Francisco, specificatamente nel distretto di Haight Ashbury, questa energia si condensò nei corpi di alcune migliaia di persone, quelli che i mass-media hanno allora e in seguito definito gli hippies. A differenza del movimento immediatamente precedente della beat generation, il movimento hippy fu un movimento di massa. Come quello beat non aveva obiettivi politici nel senso tradizionale del termine. In questo si distinse da quello nato nell’Università di Berkeley, dichiaratamente politico e in contrasto, almeno ideologicamente, con quello hippy. “ Tutti a Berkeley pensano che questa faccenda del ritirarsi non vuol dire niente, che quello che verrà fuori sarà un mucchio di hippies fannulloni a zonzo per le strade” ( pag. 52). E’ quello che afferma Ginsberg in questa conversazione; oltre ad essere un grande poeta era un grande comunicatore e sapeva unire le persone, infatti fu lui a fare da tramite tra il movimento politicizzato di Berkeley e quello a-politico di Haight Ashbury.
Il dialogo di Sausalito” è contenuto in una magnifica antologia curata da Fernanda Pivano, all’interno della quale vi è un gran numero di documenti e testi dell’epoca hippy altrimenti introvabili, almeno in lingua italiana.
Il dialogo a Sausalito è una lunga conversazione tra alcuni esponenti di primo piano del movimento di Haight Ashbury e avvenne nel 1967, un anno prima della fine ufficiale del movimento, diventato preda di commercianti e spacciatori. Ho parlato di teorici del movimento e non di leaders. Infatti il movimento hippy, per la sua stessa natura individualista e nello stesso tempo comunitaria, non aveva e non voleva leaders ( pgg 52 – 53). Aveva cioè una natura e una spiritualità anarchica e si era data come unica forma organizzativa la tribù ( sul modello di quella dei nativi americani). Si trattava di comuni in cui le persone vivevano in maniera radicalmente anticonsumistica improvvisandosi ogni giorno contadini o attori, poeti o ballerini. Il gruppo più attivo fu quello dei Diggersche mise in piedi alcune iniziative gratuite come la distribuzione di cibo e vestiti e una clinica medica altrettanto gratuita e che esiste tuttora.
Nella prima parte del Dialogo si discute della famosa e seducente, e a mio avviso quanto mai attuale, teoria di Timothy Leary del “accendersi, sintonizzarsi, ritirarsi” ( pag. 52, 53,54). Dice tra l’altro Leary: “ bisogna ritirarsi in piccoli gruppi tribali…la prima cosa da fare è staccarsi completamente da qualsiasi cosa del robot di plastica dell’establishment. Il passo successivo – per molta gente – potrebbe essere benissimo un posto come Haight Ashbury. Lì si troveranno maestri spirituali, amici, amanti, mogli...Millbrook è una comunità tribale…Ogni gruppo che si ritira deve usare i suoi due bilioni di anni di equipaggiamento cellulare per rispondere a queste domande: ehi come mangeremo? Oh non ci sono più assegni studenteschi, non c’è più borsa di studio dell’Università! Come mangeremo? Come ci terremo caldi? Queste sono esattamente le domande che gli animali cellulari e i gruppi tribali si sono chieste per migliaia di anni. Ogni gruppo avrà da dipendere dai suoi “accesi”, dalla sua creatività esaltata psichedelica”( pag 56 e 57). Su questo discorso interviene Alan Watts: “ questo si può fare in piccola scala, come individui, dove sono in pochi a farlo…come hanno sempre fatto. C’è sempre stata una specie di éliteminoritaria che si è ritirata – che erano i saggi della montagna” (pag. 62). Gli risponde Leary: “ Ma siamo pratici, io credo che siamo tutti preoccupati del crescente numero di gente che si ritira e si chiede dove andare. Cerchiamo di dare qualche suggerimento pratico da poter sviluppare nei prossimi mesi” (pag. 68). A questo proposito è molto interessante quello che dice Gary Snyderin questo Dialogo, lui che fin da allora e ancora oggi ha fatto una vita da “ritirato e acceso” ma tenendosi in contatto, anche se a debita distanza con establishment americano.
Lui dice: “ Ci sono tre categorie: il selvatico, il rurale, l’urbano. Tribù di foresta, di fattoria, di città…è quello che sono andato a dicendo ai ragazzi del Michigan e del Kansas. Per esempio io dico loro prima di tutto: volete vivere qui o andare da qualche altra parte? Loro dicono, io voglio stare dove sono. Io dico okay, mettetevi in contatto con la cultura indiana di qui. Cercate di scoprire com’era qui prima. Quali erano le mitologie. Quali erano le divinità locali…Fate una riverente visita alle tombe locali degli Indiani americani e anche alle tombe dei primi colonizzatori. Scoprite com’era la vostra ecologia originaria. C’era una prateria di erba alta o bassa? Uscite a vivere un po’ sulla terra e fatevi un’idea di come era il clima…E poi decidete come volete guadagnarvi la vita. Volete fare il contadino, o il cacciatore o il raccoglitore di cibo? ( pag. 68 -e 71). E aggiunge : “ Il modello dovrebbe essere come il Mahala-Lila. Il Mahala-Lila è un gruppo di tre diverse famiglie che hanno riunito le loro risorse, nessuna delle tre granché grandi. Ma hanno deciso di giocare e lavorare insieme e di curarsi reciprocamente, e questo vuol dire che tutti hanno modo di procurasi un po’ di pane e di spartirlo. E altri contribuiscono con un po’ di denaro quando ce n’è. E allora loro lavorano insieme a progetti creativi…Questo è il modello…e il modello è che spezzando le piccole organizzazioni familiari si lavora in strutture leggermente più vaste”( pag 80 e 81).
Nel seguito del dialogo si fanno previsioni sulla possibilità di realizzare effettivamente quanto detto finora. Tutti sono convinti che le cose accadranno da sole, in seguito ad un cambiamento mentale delle persone. Ad esempio Alan Watts dice a proposito delle casalinghe che non fanno altro che comprare cose inutili: “ supponiamo che invece di fare così mutino il loro stato mentale e invece di rincretinirsi acquistando cose comincino a restare dove sono”( pag.94). E Snyder aggiunge: “E’ più interessante farsi le cose a casa da soli o con gli amici. Come sedersi in circolo o suonare il corno del bufalo o la conchiglia senza accendere la televisione “ (pag. 96). Molto interessante è quanto afferma Watts: “ quando c’è un gioco che sta procedendo sulla via di una collisione e quando questo gioco è ovviamente teso a portare alla distruzione totale, il solo modo di tirare fuori dal brutto gioco la gente è mostrare che il gioco non è più interessante” (pag. 103”.
Concludo la serie delle citazione con una sempre di Alan Watts che a me sembra bellissima e piena di “senso”: “ In ogni coltura deve esserci qualche cosa, in un certo modo, senza senso. Se una cultura non è in grado di offrire nel suo interno un’area dove accade in puro nonsenso, e dove questo non è pratico, non ha scopi…allora questa cultura è morta” (pag. 105).
Che è rimasto oggi di tutto questo parlare di accendersi, sintonizzarsi,ritirarsi? Negli Stati Uniti questa pratica è portata avanti da alcuni di quelli che già lo facevano negli anni ’70; uno di questi è Gary Snyder. Molti giovani stanno dando vita a quel movimento fondato proprio da Gary e da altri, chiamato Bioregionalismo che vuol essere il proseguimento e la messa in pratica di quanto detto finora.
In Italia questo movimento si organizza ad esempio intorno alla rivista Lato selvatico e al movimento del Sentiero Bioregionale
Negli USA sopravvivono anche molte comuni agricole, come del resto anche in Italia e alcune organizzazioni ecologiste che cercano di praticare ciò che teorizzano come Planet Drum.
Un’ultima riflessione personale. Perché trovo così interessante e forse ancora attuale questa parola d’ordine dell’accendersi – sintonizzarsi – ritirarsi? Non perché io la stia praticando nel senso in cui viene esposta in questo Dialogo. Però l’utopia di cui si parla penso sia un ideale valido in tutte le epoche, quindi anche oggi: piccoli gruppi di amici con cui condividere i propri sogni. E per quanto mi riguarda si tratta di sogni letterari.
Accendersi, essere illuminati dalla propria visione, connettersi, sintonizzarsi con essa, ampliarla e poi ritirarsi nella sua contemplazione per produrre, realizzare la visione, può essere inteso come un metodo, un modo per essere fedeli a se stessi nella creazione della propria vita quotidiana e artistica. Il “drop out” di Timothy Leary quindi può avere due significati, quello pubblico e sociale, come il ritirarsi dalla società e cultura predominante per organizzare forme alternative di vita. Oppure può essere inteso in senso più vasto, come la dimensione dell’essere umano che da solo o in gruppo inventa ogni giorno la propria esistenza senza adeguarsi a schemi sociali precostituiti. Quello che viene suggerito nel Dialogo è che se ci si ritira in gruppo è l’amicizia il valore aggiunto per il successo di qualunque impresa che il “drop out” si proponga.
Penso quindi che tutti quelli che aspirano a rapporti umani intensi e significativi nell’ambito del proprio lavoro letterario o artistico in genere, possano ritrovarsi in quanto si dice nel Dialogo di Sausalito. Forse le piccole case editrici, i gruppi, i siti che nascono continuamente rappresentano quello di cui ho parlato in questo articolo? Spero di sì, almeno in alcuni casi. Del resto, negli anni ’50 era stata l’amicizia a rendere possibile negli Stati Uniti la nascita e il successo della Beat Generation.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Dialogo a Sausalito, in L’altra America negli anni sessanta, a cura di Fernanda Pivano, Arcana Editrice, 1993
Prima edizione italiana Officina edizioni 1972
Prima edizione americana: San Francisco Oracle, 1967
E’ apparso in Italia per la prima volta in Pianeta Fresco, 1967-1968

Approfondimento in rete:
San Francisco Oracle
Pianeta Fresco
http://it.wikipedia.org/wiki/Haight-Ashbury
http://it.wikipedia.org/wiki/Timothy_Leary
http://www.alanwatts.org/
http://it.wikipedia.org/wiki/Allen_Ginsberg
http://it.wikipedia.org/wiki/Gary_Snyder
http://it.wikipedia.org/wiki/Summer_of_Love
Un bel documentario su questo periodo di Jean Pierre Zirn, Celine Deransart & Alice Gaillard:
http://www.cultureunplugged.com/play/5624/The-San%20Francisco%20Diggers

In Lankelot:
http://www.lankelot.eu/letteratura/coyote-peter-sleeping-where-i-fall.html
http://www.lankelot.eu/letteratura/leary-timothy-neuropolitica.html
http://www.lankelot.eu/gary-snyder
http://www.lankelot.eu/Ginsberg

 

Una risposta a “”

  1. devo ringraziare Giuseppe Moretti di Lato Selvatico per aver letto questo articolo dandomi buoni consigli per miglioralo

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