Gianfranco Franchi, L’arte del Piano B
“Il Piano B è uno stato mentale” ( G.F.)

Questo libro è sia un’autobiografia che un trattato su quelli che nel buddismo vengono chiamati “mezzi abili”, che consistono nella capacità di attuare strategie utili a raggiungere uno scopo ( in sanscrito upaya) e che lo stesso Gianfranco riferendosi al Piano B definisce un’arte. Ed quella di chi capisce qual è il momento di cambiare: “ mentre tu ti stavi rovinando la vita strutturando nuovi piani di sopravvivenza…stava già cercando la via di fuga”.
Quando dico che è un’autobiografia mi riferisco al fatto che le varie applicazioni che Gianfranco illustra a proposito della necessità dei Piano B, sembrano riferirsi alla sua esperienza e interessi personali. Quindi non tutti si riconosceranno in queste applicazioni, che sono ad esempio la famiglia, la cucina, la vacanza. Ognuno evidentemente ha le sue. Io ho le mie, ma voglio essere fedele al “comandamento” di segretezza che suggerisce l’autore nel libro e non le dirò. La necessità della segretezza è uno dei capitoli iniziali del libro e fa parte dei “Princìpi del piano B”. “ Naturalmente uno dei punti di forza di ogni Piano B è la sua segretezza. ..La segretezza garantisce l’invisibilità. La segretezza assicura l’imprevedibilità. La segretezza aumenta il suo fascino. La segretezza è sexy. C’è poco da fare”. (pag. 30).
Anche nel mio caso, come in quelle trattate nel libro, le applicazioni del mio Piano B, hanno a che vedere con la morte di vecchie abitudini e paure (che il buddismo chiama afflizioni mentali, causa di azioni negative , il karma) con la conseguente aspirazione a cambiare rotta a creare Piani B . Per questo il libro mi è piaciuto. “So” di cosa parla, al di là degli esempi, applicazioni e princìpi. Conosco quella condizione umana che li richiede urgentemente. E sono pure d’accordo con l’idea espressa nel libro, che avere un piano B è un modo per imparare ad avere fiducia in se stessi: “L’uomo del piano B tiene a mente, da una vita, un’antica massima di Appio Claudio Cieco riferita a Sallustio: Faber est suae quisque fortunae: ciascuno è artefice del suo destino”. ( pag. 20). Condivido questa massima ma la completo con l’idea, buddista ma poi anche molto occidentale, che le cose accadono per cause e condizioni. C’è la mia determinazione, ma il mio Piano B deve essere un Piano che funziona di suo, ovvero devono esserci tutta una serie di condizioni favorevoli che io non controllo, che io non decido. Perché tutto e legato a tutto, tutto è interdipendente, e noi siamo legati agli uni agli altri e i nostri Piani si realizzano se manteniamo una grande apertura verso il mondo. Lo dice molto bene Gianfranco nel suo libro: “ L’uomo del Piano B ha tre grandi talenti. Sa ascoltare. Sa osservare. Sa memorizzare le cose” ( pag. 13). Ma la cosa più importante che Gianfranco deve aver imparato negli ultimi tempi e che è sia testo che sotto testo di questo libro ( molto sotto testo, secondo me) è che l’uomo del Piano B sa, vuole, gli piace il cambiamento. Cambiamento non nel senso oggi qui domani là, cambiamento della propria mente, del proprio punto di vista, visuale su se stesso e il mondo.
Lo si nota in tutto il libro, ad esempio in maniera esplicita in quel bel dialogo, ben fatto da un punto di vista narrativo, tra lui e uno dei suoi maestri. Gianfranco gli racconta le sue delusioni, il suo scoraggiamento: “ Ma hai un tetto, in ogni caso”.” E non ci piove”. Nel senso che il tetto tiene?” Bofonchio. “Anche”. “ E poi hai da mangiare…” “ Vero”….”Ma non sei felice. Non sei felice lo stesso. Non ti basta”. E gli suggerisce di tornare a lavorare con le mani” ( pagg 22-23).
Quel “Non ti basta”, mi ha fatto sobbalzare. Ma è quello che dicono sempre i Lama Buddisti! Fanno l’elenco di tutto quello che possediamo qui in occidente, macchine, cibo, vestiti, mariti, fidanzati. E poi chiedono Basta? E poi ridono.
Anche Gianfranco l’ha capito cosa voleva suggerirgli quel suo maestro: “ era molto semplicemente di diventare un illuminato” ( pag. 23). Dice proprio così, diventare un illuminato…; qualche riga dopo specifica cosa intende: una libertà che aiuta l’anima a crescere” ( pag. 23). E ancora: “Un vero uomo del Pino B è intriso di spiritualità” (pag. 42). E mi piace molto il suo modo di “credere”. L’uomo del Piano B crede nell’anima per istinto, “perché sa di averne una, è la sua coscienza” ( pag. 42). Intendere anima con coscienza è molto, molto buddista, il buddismo parla di coscienza, che è mutevole, cambia sempre ed quella che rinasce.
Per attuare un Piano B Gianfranco suggerisce delle regole e delle fasi, e questa è la parte del libro che ho definito all’inizio un trattato: “ Documentazione, progettazione, sperimentazione, attuazione…Le buone idee possono venire a tutti. Ma la capacità di realizzare le idee è un talento di pochi”. ( pag. 25).
La parola trattato che ho appena usato mi suggerisce di dire due parole sullo stile con cui questo libro è stato scritto. Le parti che ho preferito sono quelle in cui lo stile è spontaneo,quelle in cui le pagine sono scritte con il cuore E’ quello che io intendo per prosa spontanea. Non semplicemente scrivere di getto. E’ scrivere con il cuore. Il cuore detta, la mano scrive. E’ uno stile letterario e l’ha inventato Kerouac. Molte parti del libro di Gianfranco sono scritte così. Ad esempio l’ultima che mi piaciuta tantissima. Già avevo cominciato a dubitare della fattibilità del mio Piano B, quando Gianfranco tira fuori il coniglio dal cilindro: il Piano C! Che bello che è il Piano C!
Dice qualcosa Gianfranco di cosa può capitare a chi si innamora troppo del suo Piano B che assomiglia molto al “veleno dell’attaccamento” di cui parla il buddismo. Anche del buddismo che è stato il proprio Piano B della vita. Ci si attacca al Buddismo, si diventa settari e ridicoli. Dice Gianfranco: “ Il piano C significa questo…essere pronti a rinunciare alle proprie sicurezze, alle proprie convinzioni”.( pag. 139). Con il Piano C ci si diverte a sbagliare: “ L’uomo del Piano C… ha capito che a volte, nella vita, è il caso di sbagliare. Sbagliare diventa fondamentale. .. l’uomo del Piano C ha qualcosa di particolarmente bello, romantico e coinvolgente. E’ vivo. ( pag. 140).

APPROFONDIMENTI IN RETE
Piano B edizioni: http://www.pianobedizioni.com/
In Lankelot
Franchi in Lanhelot http://www.lankelot.eu/autori/franchi
http://www.lankelot.eu/letteratura/franchi-gianfranco-larte-del-piano-b-un-libro-strategico.html

Una risposta a “”

  1.  

    Sul concetto di “mezzi abili” nel buddismo vi trascrivo un brano tratto da Chogyam Trungpa, Al di là del materialismo spirituale, Ubaldini, 1976. Non l'ho messo nella recensione per non appesantirla, ma ha a che vedere moltissimo con quello che scrive Gianfranco nel suo L'arte del Piano B:

    Quando una persona è insieme saggia e compassionevole, le sue azioni sono molto abili e irradiano enorme energia. Quest'azione abile è menzionata come upaya, “abilità dei mezzi”. Qui abile non significa tortuoso o diplomatico. L'upaya accade semplicemente come risposta ad una situazione. Se una persona è totalmente aperta, la sua risposta alla vita sarà molto diretta, forse perfino scandalosa da un punto di vista convenzionale, perché l'abilità dei mezzi non ammette alcuna assurdità. Rivela e affronta le situazioni come sono: è energia quanto mai abile e precisa…Per il modo convenzionale di pensare compassione significa semplicemente essere buoni e affettuosi. Questa sorta di compassione è definita nelle scritture “amore della nonna”. ..Ma la compassione vera è impietosa, dal punto di vista dell'Io, perché non considera l'impulso dell'Io a conservarsi. E' “saggezza pazza”. (pag. 140). 

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