Il capo

 

Lui non veniva lì tutti i giorni. Lui era il capo. Lui era scuro di pelle e occhi. Lei veniva lì tutti i giorni. Lei era bionda con i capelli lunghi e belli. Lei lo guardava e ammirava per via che era il capo e gli operai si affollavano intorno a lui.
Lei era timida e gli operai li doveva avvicinare uno a uno perché nessuno se la filava.
L’aveva visto nei cortei e l’aveva visto arringare le folle dei giovani studenti nella cittadella universitaria e per le vie del centro. Non capiva tutto quello che lui diceva in quei comizi però sapeva che aveva ragione. La sua serietà, il fatto che non ridesse mai come facevano gli studentelli che lei frequentava la affascinava. Quando lo vedeva davanti alla fabbrica le batteva forte il cuore.
Come tutti lo venerava. Lui era consapevole del suo carisma, carisma legato alla sua storia. Famiglia di combattenti comunisti, lui stesso fin da giovanissimo comunista con una propensione all’essere e atteggiarsi a capo. Un carisma anche fisico. In quegli anni il mito carismatico era il Ché, semidio bello e potente. Lui era di quel genere e tutte le ragazze di quel giovane movimento se lo mangiavano con gli occhi. Che fantastica espressione questa. Mangiare con gli occhi. Pensateci. Un atto così fisico anche volgare come il masticare, ma senza farlo davvero. Nessuno mangia nessuno. Però qualcuno è guardato con tale avidità come quando si ha una gran fame.
Lui se ne fregava. Non aveva tempo per le donne. Però lei la notò. Lì davanti alla fabbrica. Era piccola, magra, con dei gran capelli biondi e lisci. Sembrava una bambina. Un giorno lui le venne vicino. Le toccò una spalla e le disse: che ci fai qui? Cerco di parlare con qualche operaio, rispose lei. Perché?, chiese lui.  Sono qui per il tuo stesso motivo, disse lei. Non credo, disse lui serio, guardando da un’altra parte. Io ho delle responsabilità verso questa gente, aggiunse. Io no, disse lei. Ma sto qua lo stesso. Ci sono altre due compagne qui con me, ma non stiamo combinando un gran ché. Perché cosa vorresti combinare? E  le mise un braccio intorno ad una spalla, come fanno i fidanzati ( pensò lei in quel momento e anche dopo ). Le pesava quel braccio anche se le piaceva che lui l’avesse “ quasi”scelta.
Si sa che i leaders a quel tempo avevano la possibilità di avere tutte le donne che volevano perché erano la personalizzazione di un’utopia e quindi erano dei veri e propri eroi omerici.
Fra un po’ gli operai rientreranno in fabbrica. Se vuoi ti do uno strappo in città, le disse lui. E così rombando su una 500 truccata cominciò la loro storia.

Pubblicato da Dianella Bardelli

In questo blog sono presenti miei racconti, mie recensioni di romanzi e saggi su vari argomenti, soprattutto sulla letteratura della beat e hippy generation. Scrivo romanzi, spesso ambientati negli anni '70-'80'; e poesie; ne ho pubblicati alcuni : Vicini ma da lontano, I pesci altruisti rinascono bambini, Il Bardo psichedelico di Neal ; è un romanzo sulla vita e la morte di Neal Cassady, l’eroe di Sulla strada. Poi ho di recente pubblicato il romanzo "Verso Kathmandu alla ricerca della felicità", per l'editore Ouverture; ho pubblicato un libretto di poesie: Vado a caccia di sguardi per l'editore Raffaelli. Ho ancora inediti alcuni romanzi, uno sulla vita e la poesia di Lenore Kandel, poetessa hippy americana; un secondo invece è un giallo ambientato nella Bologna operaia e studentesca del '68; un terzo è è sull'eroina negli anni '80 a Milano e un altro ancora sul tema dell'amore non corrisposto. Adoro la letteratura della beat e hippy generation, soprattutto Keroauc, Ginsberg e Lenore Kandel. Scrivo recensioni su http://samgha.me/ e http://cronacheletterarie.com/ mio profilo in Linkedin: http://www.linkedin.com/pub/dianella-bardelli/45/71b/584