Il tennis come arte

vinci-pennetta-4Fonte: Rete

Prima della finale Vinci – Pennetta

Per molti anni ho giocato a tennis. Ho smesso quando dopo storte e cadute ho avuto paura di farmi troppo male. Mi è dispiaciuto. Praticare questo sport era anche legato a un circolo tennis grande, ma di carattere familiare. Si spendeva poco e l’abbonamento annuale comprendeva anche una bellissima piscina, un parco, un bar, un ristorante e una sala relax. C’ho passato giornate e serate intere. Era un periodo di “singolaritudine” e quindi il circolo rappresentava un rifugio, un porto sicuro dalla solitudine. Quel circolo non esiste più. Ma io ho anche cambiato la “location” della mia vita. Mi sono sposata, ora vivo in campagna. Sono questi i miei rifugi (si potrebbe dire: ma  lei cerca sempre rifugi, ebbene sì… ). Ora il tennis lo guardo in TV, sul canale televisivo di Supertennis.

Gli US Open di New York, dove le nostre tenniste Vinci e Pennetta hanno fatto faville, non li ho potuti vedere perché non ho un abbonamento TV, ma su deejay tv potrò vedere in chiaro la finale tra le due italiane. Chissà se avrò qualcosa da dire in proposito.

Guardare i grandi e le grandi del tennis in Tv per me è una esperienza rincuorante. Prendiamo il singolare. I due tennisti sono lì da soli. Non ci sono compagni  di gioco cui appoggiarsi. In più sei in una specie di arena dei tempi antichi dove il pubblico se vuole ti sostiene oppure ti fischia. Tu giocatore puoi fare affidamento solo tu te stesso. Non basta essere bravi. Essere bravi se si è deboli d’animo non serve a niente. Lì sul campo da tennis bisogna essere bravi ma anche determinati. Sapere azzerare dalla mente il punto appena fatto dall’avversario, o il proprio  sbaglio che potrebbe compromettere l’incontro. Per come sono fatta io, una sfida impossibile. Devi vincere la paura di perdere e quella di vincere. Devi andare dentro te stesso e trovare quella forza mentale che neanche sapevi di avere. Ecco cosa fa la differenza. E superare la paura ha permesso alla nostra Pennetta di vincere la semifinale degli Oper Usa 2015 contro una campionessa come Simona Halep. Così come alla Vinci di sconfiggere una tennista come Serena Williams.

Il tennis mi piace, dicevo, perché mi rincuora. Mi rincuora del fatto che nel mondo c’è chi va avanti e “vince” senza meritarlo. Sul campo da tennis invece se vinci lo fai in prima persona, nessuno ti può spingere o aiutare, e soprattutto nessuno può farlo al posto tuo e dopo attribuirtene il merito.

 

La Finale tra la Pennetta e la Vinci 

La partita tra la Vinci e la Pennetta l’ha vinta quest’ultima. Quella delle due più in forma in quel momento. Ma nel dopo partita, in quel loro abbracciarsi e dirsi parole confidenziali, si è vista tutta la loro complicità e amicizia. Durante la premiazione hanno detto cose non di rito, in qualche modo si sono rivelate per quello che sono come persone e non nel ruolo di tenniste, rimarcando come fosse stato bello giocare tra amiche. Uscire davanti a milioni di persone dal proprio ruolo per essere “semplicemente” quello che si è, ritengo sia una delle cose più difficili. È necessaria una buona dose di autostima scevra da presunzione, bisogna essere istintivamente saggi.

L’incontro in sè non mi ha emozionato come credevo. Mi sono sentita come chi assiste non ad una partita di calcio tra compagini diverse, ma tra esponenti della stessa squadra. Il fatto poi di sapere che la Vinci e la Pennetta sono amiche mi ha impedito di fare un vero tifo per l’una o per l’altra. Le ho ammirate entrambe nonostante la diversità del loro gioco. La Pennetta è maestra di tecnica, costanza e determinazione. Qualità che nel mio immaginario corrispondono ad essere una persona razionale. Ammiro la Vinci per il suo contrario: passione e creatività.

Vorrei concludere citando un pensiero che ho del tutto condiviso e vissuto assistendo a questa finale, quello del grande giornalista Gianni Clerici nel suo articolo su La Repubblica del giorno seguente l’incontro: «Non avevo mai visto, nella finale di un Grande Slam, due ragazze sedute a chiacchierare sorridendo, come se avessero appena finito una partita di club, e si stessero facendo confidenze, a proposito di un qualche argomento poco importante, quasi una domandasse all’altra a che film avrebbe assistito, un paio d’ore dopo, o che tavola calda avesse scelto…»  (http://www.repubblica.it/sport/tennis/2015/09/13/news/come_fosse_una_sfida_in_famiglia-122768663/?ref=HREC1-15).

Queste parole sintetizzano perfettamente quello che si è visto in Tv dopo la partita tra le due italiane. È stato davvero bello assistere al loro comportarsi in modo tanto spontaneo. Incuranti di dove si trovassero, nel luogo principe del business del tennis mondiale, hanno manifestato più la loro amicizia che la gioia della vittoria.

Pubblicato da Dianella Bardelli

In questo blog sono presenti miei racconti, mie recensioni di romanzi e saggi su vari argomenti, soprattutto sulla letteratura della beat e hippy generation. Scrivo romanzi, spesso ambientati negli anni '70-'80'; e poesie; ne ho pubblicati alcuni : Vicini ma da lontano, I pesci altruisti rinascono bambini, Il Bardo psichedelico di Neal ; è un romanzo sulla vita e la morte di Neal Cassady, l’eroe di Sulla strada. Poi ho di recente pubblicato il romanzo "Verso Kathmandu alla ricerca della felicità", per l'editore Ouverture; ho pubblicato un libretto di poesie: Vado a caccia di sguardi per l'editore Raffaelli. Ho ancora inediti alcuni romanzi, uno sulla vita e la poesia di Lenore Kandel, poetessa hippy americana; un secondo invece è un giallo ambientato nella Bologna operaia e studentesca del '68; un terzo è è sull'eroina negli anni '80 a Milano e un altro ancora sul tema dell'amore non corrisposto. Adoro la letteratura della beat e hippy generation, soprattutto Keroauc, Ginsberg e Lenore Kandel. Scrivo recensioni su http://samgha.me/ e http://cronacheletterarie.com/ mio profilo in Linkedin: http://www.linkedin.com/pub/dianella-bardelli/45/71b/584

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