Intervista a Luca Pollini sul suo nuovo libro: Gianni Sassi, il provocatore

Luca Pollini ha pubblicato nell’Aprile di quest’anno un libro dal titolo Gianni Sassi, il provocatore per l’editore Tempesta.

Scrive Luca Pollini nel suo sito Retrovisore a proposito di questo suo libro: “Definire Gianni Sassi un intellettuale è limitato. Ha spaziato nel mondo della cultura a 360 gradi. È stato sicuramente un grafico, un pubblicitario, un comunicatore, un pubblicista, scrive testi e poesie. Ma è anche un discografico, un editore, un impresario, un organizzatore di eventi, un estremista, un anticipatore. Tutti ruoli interpretati sempre con ironia e provocazione. Sassi è stato uno dei più grandi operatori culturali italiani, sicuramente il più sottovalutato….”

Ho posto alcune domande a Luca Pollini a proposito della, figura di Gianni Sassi :

Perché hai scritto una biografia di Gianni Sassi? Qual è il tuo interesse per lui e perché nel titolo lo definisci “provocatore”?

È stato un intellettuale con un’anima pop; che ha disegnato davvero nuovi ambienti, culturali e non solo, adattando il suo grande talento a un Paese che ha contribuito fortemente a cambiare. Cogliendo il nuovo e il diverso degli ambienti che ha attraversato (arte, musica, grafica, enogastronomia, politica, ecc.) creando e lavorando insieme agli altri, soprattutto ascoltandoli. Sassi non solo viveva il quotidiano, ma lo voleva trasmettere.
Nei suoi messaggi ha sempre utilizzare un gioco intellettuale, a volte sofisticato, a volte molto violento.

Hai conosciuto personalmente Gianni Sassi? In quali circostanze? Eravate amici?

No, personalmente non l’ho mai conosciuto, ma l’ho visto all’opera. Ero presente al concerto di John Cage al Teatro Lirico. Ero tra quelli che fischiavano e contestavano e che ha promosso un’assemblea estemporanea per discutere sull’ennesima provocazione messa in scena da Sassi.

La tua biografia di Gianni Sassi mi ha molto interessato perché non sapevo che dietro tanti eventi tra gli anni ’60 e ’80 e anche dopo ci fosse lui. Pensavo nascessero per iniziativa di gruppi politici e sociali. Invece dietro i festival, i convegni, i raduni di migliaia di persone c’era Gianni Sassi. Che rapporto aveva lui con in gruppi extraparlamentari degli anni ’70 e i centro sociali successivi? Andavano d’accordo con lui?

È stato un rapporto d’amore e odio. Nonostante non avesse in tasca nessuna tessera di partito o di qualsiasi altra organizzazione, all’inizio Sassi era visto come un intellettuale “amico”, vicino ai gruppi, uno che “sposava” la causa. Con l’andare del tempo, soprattutto con i primi successi e le produzioni musicali culturalmente “alte” i rapporti si sono incrinati; fino alla condanna vera e propria: lo hanno accusato di essere schiavo del sistema e di arricchirsi alle spalle dei giovani proletari. Cose assolutamente non vere: lui era ricco solo di idee. E basta.

E che rapporti aveva con le istituzioni?

Semplicemente le ignorava. Non gli interessavano i rapporti con sindaci, amministratori, presidente di municipalizzate o quant’altro. Erano anzi loro a bussare spesso alla sua porta. Un grande aiuto nella “diplomazia” l’ha avuto Mario Giusti, con il quale ha realizzato i festival Milanosuono e Milano.poesia a Milano. È stato Giusti a prendere i contatti con l’amministrazione comunale e, soprattutto, a recuperare i finanziamenti. Sassi non sapeva muoversi tra la burocrazia: la odiava.

Come hai effettuato le tue ricerche per scrivere questa biografia? Quali sono state le tue fonti?

Ho letto libri, ascoltato le sue produzioni, raccolto testimonianze di chi ha lavorato al suo fianco..

Di quale organizzazione, a livello di persone, disponeva per dare vita a tanti eventi così complessi a livello organizzativo?

Sembra impossibile ma non aveva nessuna organizzazione: il tutto era lasciato all’improvvisazione, dove lui – ovviamente – era al centro di tutto. Al.Sa, Cramps, Intrapresa erano aziende che si basavano sulla creatività, non sull’organizzazione. Un punto di riferimento essenziale per lui è stata Monica Palla, che non era una segretaria, e nemmeno un braccio destro, ma una vera e propria emanazione del Sassi-pensiero. Il suo alter-ego. Credo che senza di lei, la sua praticità, molte iniziative non avrebbero visto la luce.

Mi racconti qualcosa della sua vita privata (se puoi/vuoi)?

So veramente poco: non è mai stato sposato, non ha avuto figli. So solo di due fidanzate: Sandra, la barista vicino a casa sua che gli fa conoscere Sergio Albergoni, suo futuro socio nell’Al.Sa; e l’attrice-ballerina Valeria Magli.

Dalla lettura del tuo libro ho avuto l’impressione che tutto quello che organizzava andasse sempre a buon fine, anche se organizzava grandi eventi partendo da nulla, solo con l’idea che gli era venuta in mente. Come spieghi questo fatto?

Non era fortuna, era semplicemente la capacità di saper leggere la realtà e i bisogni di quel particolare momento. Ribadisco: Sassi aveva l’abilità – e l’intelligenza – di saper rappresentare e interpretare il quotidiano. È stato l’unico che nella prima metà degli anni Settanta capisce che si era a un passo da una vera e propria rivoluzione, che riguarda non solo la comunicazione, ma l’informazione e la cultura in generale.

Perché, secondo te, si sa così poco di una persona per certi versi eccezionali come Gianni Sassi? Pensi che dipenda dal fatto che lui appartiene alla vita e alla cultura prevalentemente milanese? O per quali altri motivi?

Non penso che sia per via del fatto che il quo quartier generale fosse a Milano, anche perché molti suoi lavori – i dischi della Cramps, le riviste come la Gola o Alfabeta – sono di respiro nazionale; Milano poesia era un festival internazionale; la performance Pollution è stata fatta a Bologna: Credo piuttosto che sia stato osteggiato da una certa intelligencija a cui dava fastidio questa sua facilità di declinare e trasformare la cultura “alta” in pop.

Gianni Sassi ha promosso case discografiche, gruppi musicali importanti come gli Area e gli Skiantos, riviste prestigiose come Alfabeta; da cosa dipendeva la sua capacità di coinvolgere le persone? Carisma? O cosa? Perché intellettuali anche importanti di affidavano a lui?

Con artisti e intellettuali aveva un rapporto interpersonale. Era abile a gestire le situazioni difficili che si creavano – trattare con personaggi e artisti credo sia una delle cose più faticose da fare – soprattutto quando i conti non tornavano. Allora, grazie al suo fascino convinceva gli artisti che “il mercato non li capiva, che loro erano in anticipo sui tempi, che prima o poi sarebbe venuto il loro momento” mentre al pubblico, alla critica e ai mecenati diceva che credendo ed investendo denaro su quella determinata idea/progetto – non stavano spendendo soldi, ma stavano guadagnando. Aveva una capacità unica di convincere la gente. Il suo carisma era notevole: anche quando bleffava – e spesso gli accadeva di farlo – era credibilissimo.

Pubblicato da Dianella Bardelli

In questo blog sono presenti miei racconti, mie recensioni di romanzi e saggi su vari argomenti, soprattutto sulla letteratura della beat e hippy generation. Scrivo romanzi, spesso ambientati negli anni '70-'80'; e poesie; ne ho pubblicati alcuni : Vicini ma da lontano, I pesci altruisti rinascono bambini, Il Bardo psichedelico di Neal ; è un romanzo sulla vita e la morte di Neal Cassady, l’eroe di Sulla strada. Poi ho di recente pubblicato il romanzo "Verso Kathmandu alla ricerca della felicità", per l'editore Ouverture; ho pubblicato un libretto di poesie: Vado a caccia di sguardi per l'editore Raffaelli. Ho ancora inediti alcuni romanzi, uno sulla vita e la poesia di Lenore Kandel, poetessa hippy americana; un secondo invece è un giallo ambientato nella Bologna operaia e studentesca del '68; un terzo è è sull'eroina negli anni '80 a Milano e un altro ancora sul tema dell'amore non corrisposto. Adoro la letteratura della beat e hippy generation, soprattutto Keroauc, Ginsberg e Lenore Kandel. Scrivo recensioni su http://samgha.me/ e http://cronacheletterarie.com/ mio profilo in Linkedin: http://www.linkedin.com/pub/dianella-bardelli/45/71b/584

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