Coraline mi sento così quasi sempre non ricordo di non essermi sentita così forse da molto giovane quando non capivo niente di me stessa, degli altri, del mondo quando mi facevo convincere dagli uni e dagli altri da quelli insomma della finta sicurezza – cosa mi ispira questa meravigliosa canzone tristezza, paura qualcuno che non ne esce da quella porta non ce la fa non ci riesce.
Porti pantaloni
a zampa d’elefante sei magra
li pori con disinvoltura –
hai capelli ramati
che porti a caschetto
o legati
in una piccola coda sulla nuca –
ti ho vista
che parlavi ad un gruppo di persone-
ti si è rotta la lampo di quei pantaloni
che ti stavano così bene –
al suo posto
hai messo una grande spilla da bali
( si chiamano così )
e non eri in imbarazzo
anzi
sembrava che quella spilla
fosse il degno decoro
per quei pantaloni anni ’70
Onde d’aria
di mare sarebbero troppo pesanti ondulatorio è il motivo –
chiudo gli occhi
li riapro –
velocità
picchiettio come di gocce su un vetro
andare venire scappare
non ritornare riposare
svestirsi rivestirsi
abbindolare qualcuno
sedurlo non sedurlo
adularlo sgridarlo
scendere scale
abbandonarlo
e via correre per strade e portici
baciare qualcuno che non sa nulla
e non capisce
andare a casa sua
stare lì aspettare –
la libertà ha un prezzo
diventi patetica
come il titolo di questa sinfonia –
patetica, felice lì per lì
ma poi negli anni patetica e triste
perché non capisce i tuoi gesti
li senti provocati causati
li incanali in tubi di cemento
ti ci nascondi
cresce muschio su di te
ti scalda, ti copre
è verde, bello
e i tuoi occhi splendono
Ore 20 circa autobus viaggio lunghino fino alla macchina e poi a casa – non sono come loro sull’autobus che si capisce dalle facce assonnate che tornano dal lavoro neanche bello probabilmente
io vengo da “un evento” – davanti a me seduta una giovane donna carina non stanca non assonnata – ha un giaccone di lana che vorrei chiederle dove l’ha comprato ma non mi azzardo. Ha un viso vivace che parla anzi evoca i suoi pensieri che non saranno brutti stanchi sfasciati – il suo viso evoca pensieri neutri o carini – che bel giaccone vorrei dirle dove l’ha comprato? – ma non mi azzardo.
Per un certo periodo sono stata socia di un circolo del tennis.C’era anche una bella piscina. In quel circolo c’ho passato un sacco di tempo, domeniche, estati, serate. Giocavo a tennis, partecipavo ai tornei. Una volta ho sentito dire a uno: io gioco per la doccia. E’ una frase che non so perché mi è sempre rimasta in testa. Ogni tanto penso c’è gente che gioca per la doccia. Nella mia mente negli anni si è trasformata in una specie di stile di vita o filosofia. Un modo di affrontare l’esistenza. Come dire non mi importa di vincere, io gioco per la doccia. Come dire per dopo. Sì, ma dopo cosa? Cioè la doccia per cosa sta in questa specie di filosofia di vita?
Acqua di mare – gente in attesa – sperano in un crollo della montagna che impedisca il passaggio – terrore dell’andare controcorrente, cioè all’indietro dentro cose dimenticate – ambienti surriscaldati vicoli ciechi motociclette rotte gomme tagliate fantasmi in botti vuote – contenevano vini squisiti antichi svuotate all’improvviso perché sono arrivati i soliti fantasmi di quella casa che nessuno abita da tempo – orfanotrofio per animali persi soli magri – rifugio per loro e anche per persone bambini abbandonati di cui si è sentito parlare ma nessuno li cerca li vuole così stanno insieme a cani grandi e piccoli – li seguono perché loro sanno trovare da mangiare – il loro rifugio è un casotto sulla spiaggia.
Portavano a tracolla delle ceste aperte ci tenevano soldi quaderni ci andavano in giro – non si curavano che potessero derubarle – non è mai accaduto — Lei venne a trovarmi come al solito vestita di tutto punto – elegantemente, con il suo prezioso anello al dito medio della mano destra – portava un buffo cestino aperto a mo’ di borsa – ne andava fiera lo portava come fosse una regina – come tutto in lei, del resto
Nelle ragazze mi sono sempre piaciuti i capelli a spazzola. Ma non li ho mai portati. Mi ricordo un vecchio film americano in bianco e nero, c’era lei in un appartamento tipo New York, gente con pochi soldi. La casa è tutta dove si entra e c’è il solito tavolo quadrato di legno e una vecchia poltrona in un angolo e in un altro angolo la doccia con la tela di plastica e c’è questa lei, forse la donna di qualche piccolo boss, che esce da questa doccia e si strofina questi suoi capelli castani cortissimi un po’ più che a spazzola, se li strofina con un asciugamano e sono già belli e asciutti e intanto parla con qualcuno, un uomo vestito con l’impermeabile e il cappello come è sempre in questi magnifici vecchi film americani e lei è graziosa, non bella, non vistosa. Graziosa. Ma i capelli così non li ho mai portati, in questo modo così comodo, quando fai la doccia ci puoi stare sempre sotto anche con i capelli tanto si asciugano subito, basta strofinarli con un asciugamano senza bisogno di fon. Ma non li ho mai portati così, ma avrei voluto, anche adesso vorrei. Per la comodità. Un sacco di cose che avrei voluto fare alla fine non le ho fatte. E non le faccio neanche adesso.
Davanti a uomini incravattati
tranquilli bella giornata di sole lei dà volantini sorridendo con un tamburello a sonagli – sono tutti così tranquilli è il ’68 a San Francisco – qualcuno declama discorsi o poesie gli uomini in giacca e cravatta sorridono sono incuriositi (ti immagini oggi?)
un giovane hippy si lava i capelli in una fontana (Ti immagini oggi?) qualcuno viene portato via da tranquilli poliziotti giovani anche loro nessuno sembra incazzato ( ti immagini oggi?) – poi balli sfrenati non c’è disperazione hai presente quella di una decina d’anni dopo qui da noi nel ’77? – sono tutti belli, magri non solo giovani sembrano così rilassati –
Poi lei la femmina-poeta Lenore con il suo Bill nella loro casa-tempio-culla – e poi ci fanno vedere come si fanno a mano le magliette psichedeliche- poi gli Hells’ Angels anche loro belli i capelli al vento e le moto- perché si invecchia? e ancora la casa di Lenore e Bill e lui è serio, fuma lei sorride, cuce le lunghe perline colorate alla finestra che ho visto tante altre volte – e i negozietti e le strade sporche come ti aspetti siano – e Bill pelle liscia nella sua immensa bellezza che si fa fare dolcemente un piercing e come ci si sofferma sui dettagli come se si sapesse che tutto stava per finire- i veri uomini a sfidare l’immenso cielo Le donne la danza del ventre