al concerto del Miroslav Vitous Quartet
il contrabbasso lirico, veloce, all’inizio drammatico
con quei violini dietro- un mare di violini-
ora il cazzeggio della tromba
padroneggia il palco, il quadro-
il sax la prende alla larga,
lui arpeggia basso, profondo
ma subito se ne va via, sotto il palco
sotto terra forse-
poi il contrabbasso- dove ci porta?
così romantico,
una dacia? Una festa di zigani?
gli zigani dei romanzi russi?-
ma si torna presto a New York, con la tromba-
poi siamo tutti al night, a Bologna
in una notte d’inverno del ‘59-
grande anno
proprio prima di “tutto”-
tutto fermo
ma anche tutto in movimento-
e la gente neanche lo sapeva-
la scrittura, dice Jack, deve avere lo stesso ritmo del Jazz-
scrittura sincopata, spezzata
senza un filo
soprattutto senza un filo logico-
che va di qua e di là
come la mente umana-
palline colorate nel cervello
poi stelle,
e accenni di cose mai finite-
il sax ora prolunga le note,
le interrompe
insegue una sua quasi melodia
e poi quel senso liquido-
musica liquida
perché non l’acchiappi
mica l’acchiappi-
ma lei dai capelli lunghi
non lo vede, non lo sente-
troppo inquieta-
si mette la maglia e se la leva,
poi si alza, poi beve vino
parla, ridacchia
si china come se dormisse
alla fine si alza di nuovo e se ne va