Attesa ( sala)

Due rose senz’acqua
dentro alti cilindri
dan colore al mattino-
gente, come tanta,
come tutta, legge
guarda, tossisce, ma poco
in fondo-
una radio chiusa in un armadio
gracchia
come un  corvo che disturbi il sole
nei giardini d’autunno-
fa freddo,
fuori tiepido il sole scalda-
nostalgia mite e selvaggia
di quel che sta fuori:
la strada, il sole
i giardini  ancor fioriti-
sui muri ricordi d’Africa,
di viaggi arditi o no-
un uomo  sorride
leggendo le nuove prodezze
le notizie giornaliere-
ho freddo alle spalle,
qualcuno invece ha caldo
gli ruberei il “giubbino”-
ho voglia di calore, di libri, i miei,
d’accarezzare il cane,
di preparare il pranzo,
d’apparecchiare la tavola, calda di legno,
nella cucina, inondata di sole-
ma lei la dottoressa
ha occhi chiari buoni,
capelli biondi belli,
è disponibile
e parla, parla
coi suoi pazienti-amici-
però  la caldaia non la sa accendere
e ci lascia qui
al freddo ad aspettare

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