copertina vicini ma da lontano

Questa è la trama del mio romanzo Vicini ma da lontano, così come l'ho esposta alla presentazione allo spazio Eureka dell'Ipercoop Lame di Bolognail 23 Febbraio scorso

 Questo romanzo è il mio primo pubblicato, ma l'ho scritto qualche anno fa quando mi sono avvicinata per la prima volta alla pratica della meditazione buddista. Questo romanzo fa un po' parte della fase dell'entusiasmo quando incontri qualcosa non soltanto di nuovo ma che hai l'impressione che ti possa servire molto per vivere meglio, per affrontare meglio le cose della vita con più serenità. La trama è questa: in un tempo che è il nostro ma non proprio di questi anni, nel senso che non si parla di computer, non si parla di telefonini, quindi potrebbero essere gli anni '80, '90, c'è questo gruppo di ragazzi, tre ragazzi e una ragazza, che in una città che potrebbe essere la nostra ma non viene nominata, vivono sempre insieme; in qualche modo si sono isolati dal resto delle persone che comunque frequentano andando a lavorare o a scuola; loro vivono sempre insieme e quello che fanno è guardare le cose, contemplarle e si affidano molto ad Andrea, il più grande del gruppo, che è il protagonista del romanzo e che è l'unico che già lavora e si sta avviando intensamente a imparare gli insegnamenti buddisti. Quindi lui è il leader di questo gruppo, gli altri sono dei ragazzini, quando lui parla loro di buddismo fanno un po' finta di capire, non è che capiscano tanto, però lo ammirano e quando stanno nella sua stanza piena di questi lumini, di queste lucine, pensano che stanno bene. E quindi continuano a fare questa vita molto autoreferenziale, loro vivono in un mondo che comprende solo loro quattro. Un bel giorno arriva la primavera, vanno a fare una gita in montagna perché uno di loro ha la casa di famiglia dell'Appennino. Facendo una passeggiata scoprono una piccola casa abbandonata. Tra l'altro non l'idea del romanzo, ma che Andrea vada a stare in questa casa abbandonata, mi è venuta vedendo una vera casa abbandonata sull'Appennino. Decidono di rimanere lì a dormire per la notte. Quello che accade è che Andrea decide di rimanere lì, mentre gli altri non hanno nessuna intenzione di farlo perché la notte è stata fredda, è stato scomodo dormire nella casa, e vogliono le loro colazioni calde. Quindi tornano in città mentre Andrea rimane lì. Lui è tutto contento perché questo secondo lui fa il “vero buddista”, il vero buddista è l'eremita che si isola. Quindi passa un certo periodo lì, ed è contento perché gli sembra la situazione ideale dove lui fuori da qualunque distrazione può fare le sue pratiche buddiste. Solo che cosa succede? Succede che per caso incontra un uomo più grande, che poi si scopre essere il proprietario della sua casetta e di tutto il bosco intorno, che vive in una bella casa . Tra loro nasce un'amicizia che scombussola tutte le costruzioni mentali di Andrea. Questo uomo è uno a cui piace godersi la vita, quando mangia bisogna che ci siano i bicchieri di cristallo sennò gli sembra che il vino non sia buono e ci devono essere i piatti più costosi sennò il mangiare non è buono, e quindi mette in discussione tutta la frugalità di cui si era circondato Andrea, che comincia anche lui a pensare che in effetti è vero che in un bel calice il vino è più buono. Fino ad un finale che lascio alla vostra curiosità.

  Uno dei brani letti di Vicini ma da lontano durante la presentazione

Andrea si alzò e andò verso la credenza azzurra; dal ripiano
protetto dal vetro prese una pagnotta di pane già
un po’ raffermo ma non del tutto secco e con un coltello
seghettato ne tagliò una fetta abbastanza spessa; la sminuzzò
in piccoli pezzettini con i quali imboccò il cucciolo
bianco. Poi dal secchio dell’acqua che teneva in
casa per cucinare riempì una delle due tazze di plastica
che possedeva. Il cane mangiò il pane e bevve avidamente
l’acqua; allora Andrea gli riempì di nuovo la tazza.
Bevi, bevi, mormorava intanto che il cane si dissetava.
Poi gli si sedette accanto; il cane alzò la testa dalla tazza
ancora mezza piena e lo guardò, Andrea lo ricambiò con
uno sguardo immobile e interrogativo. Nei giorni seguenti
avrebbe guardato spesso a quel modo il cane, per
cercare non solo un semplice contatto tra un uomo e un
cane, ma un rapporto tra uguali esseri viventi in grado di
capirsi e di parlarsi con gli occhi. Ma era sempre il cane
a distogliere per primo lo sguardo, come a dire: non è
possibile, ci sono dei limiti al nostro rapporto, quindi accontentiamoci
di quello che possiamo fare l’uno per l’altro
e non trasformarmi nel tuo amico spirituale; primo
non posso e secondo anche se potessi non lo verrei perché
comunque tu stai lì nel tuo cerchio di mondo e io sto
qui nel mio cerchio di mondo….

Un altro brano letto:

Si era ormai al tramonto e tra poco il cielo si sarebbe
riempito di stelle. Ma con le stelle la conversazione è impossibile,
pensò Andrea, creavano in lui lo stesso impre-
cisato imbarazzo di una vera conversazione umana. È
troppo forte l’intensità che proviene da un cielo stellato,
si disse. Paralizza, si rimane senza parole, sovrastati,
schiacciati, inesorabilmente immobili su questa terra desolatamente
piatta a cui siamo incollati con le palme dei
nostri piedi. Guardiamo in alto immaginandoci le stelle
che crediamo di vedere, immaginandoci un cielo notturno
che crediamo esista indipendentemente da noi.
Confusi tra ciò che è dentro e fuori di noi distogliamo lo
sguardo, per troppa ipnotica bellezza, dalle stelle, dal
cielo e quindi da noi stessi, rientriamo nella nostra
stanza, prendiamo un libro, guardiamo un film, ci distraiamo
da quella visione troppo forte, troppo intensa.
Senza neppure immaginare che è lì che saremmo dovuto
rimanere, vivendo il seguito di quell’avventura tutta interiore
a noi stessi.
Andrea rimase seduto sulla pietra piatta sul greto del
fiume e non volle distrarsi. Era ormai notte. I piatti che
aveva lavato nel ruscello luccicavano, emanavano brillantezza
e biancore, splendevano come una pila di dischi
di lune sovrapposti gli uni sugli altri. Guardandoli Andrea
si accorse di come perdevano la loro consistenza
fisica per trasformarsi in pura luminosità; quei dischi ancora
umidi dell’acqua del ruscello diventavano lo specchio
del chiarore delle stelle e della luna in quel
momento leggermente opaca. Non distolse lo sguardo
Andrea da quella trasformazione che avveniva sotto i
suoi occhi; non si sottrasse a quella metamorfosi di cui
lui stesso era l’artefice. I piatti, resi ancora più chiari dal
buio della notte, ebbero un’eco della loro bellezza nel
suono delicato del ruscello notturno. Diverso era quel
suono da quello ordinario, per così dire, del mattino, del
giorno fatto, del pieno sole. Ora aveva un suono più sottile,
indecifrabile, leggero; per udirlo chiaramente bisognava
affilare l’udito e concentrarsi. Allora diventava
l’eco di qualcos’altro e perdeva così la sua natura di
suono unilaterale per connettersi agli oggetti vicini che
diventarono in Andrea, in quello specifico momento,
l’eco dei piatti lunari e stellari spendenti di luce. Quando
questa visione divenne stabile perdendo quell’aura di
movimento che l’aveva caratterizzata nei minuti precedenti,
Andrea guardò il ruscello. Sembrava che in esso
guizzassero piccoli spettri bianchi o piccoli pesci immaginari
frutto dei riflessi di luce ed ombre di quella notte
di inizio estate. Il ruscello evocò in Andrea il buio che
l’avvolgeva; sentì freddo, si alzò e vide Mantra che scodinzolando
lo aspettava sul sentiero. Rientrò col cane in
casa, si distese sul sacco a pelo. Solo quando già dormiva
ci si infilò dentro.

E un altro ancora:

Era accaduto tutto in un giorno. Un mattino, mentre
stava facendo colazione, qualcuno aveva bussato alla
porta di casa. Stupito Andrea andò a vedere chi fosse.
Si trovò davanti l’uomo che aveva incontrato tempo
prima nel bosco.
– Salve, disse sorridendo allegramente. Il viso pieno e
tondo era abbronzato, le guance quasi di un rosso rubizzo.
Era vestito con una maglietta e pantaloni al ginocchio.
– Buon giorno, rispose Andrea, nel modo più formale
che poté
– Sono venuto a farti visita, disse l’uomo, ti disturbo?
– Sto facendo colazione, rispose Andrea, e intanto era
uscito accostando la porta di casa alle sue spalle. Poi si
allontanò di un paio di metri e si voltò a guardare l’uomo
tenendo le mani in tasca dei pantaloni corti che indossava.
Anche lui si voltò verso Andrea, sempre sorridendo
e per nulla imbarazzato dei modi poco cordiali di
Andrea.
– Ehi!, disse l’uomo, siamo vicini di casa! Quindi eccomi
qua a fare conoscenza!
– Non cerco amici, disse Andrea. Sentì che le parole gli
erano uscite da sole, ma non provò a rimediare, a smentire,
neanche ebbe un moto d’imbarazzo o vergogna. –
Non cerco amici, ripeté.
– Io sì!, disse l’uomo ancora una volta sorridendo e per
nulla scoraggiato.
– Andiamo al ruscello, disse Andrea, lì si parla meglio
– Va bene, disse l’uomo allargando leggermente le braccia.
Il suo tono era talmente conciliante e pacifico da stupire
Andrea.
 

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 http://www.ibs.it/code/9788861553156/bardelli-dianella/vicini-lontano.html

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