Autori vari, Io manifesto per la libertà. 25 poster e 25 storie raccontano 50 anni di Amnesty International

“Quando ho acceso la prima candela di Amnesty avevo in mente un vecchio proverbio cinese: ‘Meglio accendere una candela che maledire l’oscurità’. Questo è anche oggi il motto per noi di Amnesty.” (Peter Benenson, fondatore di Amnesty International)

Il 28 Maggio scorso Amnesty International ha compiuto 50 anni. Nel sito creato per l’occasione,leggiamo:“Aprite il vostro giornale ogni giorno della settimana e troverete la notizia che da qualche parte del mondo qualcuno viene imprigionato, torturato o ucciso perché le sue opinioni o la sua religione sono inaccettabili al suo governo”. Così iniziava un articolo pubblicato il 28 maggio 1961 sul quotidiano londinese The Observer scritto dall’avvocato londinese Peter Benenson dopo aver letto che due studenti portoghesi erano stati condannati a sette anni di detenzione per aver brindato alla libertà. “Il lettore del giornalesente un nauseante senso di impotenza. Ma se questi sentimenti di disgusto ovunque nel mondo potessero essere uniti in un’azione comune qualcosa di efficace potrebbe essere fatto”. Da questo articolo e dalla campagna per i prigionieri dimenticati che ne seguì, nacque nel 1961 Amnesty International. Da allora e per tutti questi 50 anni molte campagne si sono susseguite, per i prigionieri dimenticati, contro la pena di morte, fino alla più attuale “Io pretendo dignità”. Sono tante le azioni intraprese, e tanti i risultati ottenuti, in mezzo secolo di lavoro”.
In occasione dei 50 anni di A.I. Fandango libri e Amnesty International hanno pubblicato “ Io manifesto per la libertà”, in cui 25 poster di varie campagne di Amnesty sono accompagnati da altrettanti testi di scrittori e personalità dello spettacolo e dello sport. Si va da autori come Roberto Saviano, Dacia Maraini, o Alessandro Baricco, a personalità dello spettacolo come Giobbe Covatta, Lella Costa o Paolo Fresu, a giornaliste come Carmen Lasorella e Tiziana Ferrario.
Ogni testo si riferisce ad un poster specifico. Ad esempio il testo di Nino Benvenuti si riferisce alla campagna di Amnesty del 1998 contro le cinture elettriche utilizzate negli USA come strumento di “immobilizzazione”. Nel poster Muhammad Alì presta la sua immagine non per vincere una cintura ma per combattere contro di essa. Sempre nel campo dello sport di grande impatto sono il poster sui mondiali di calcio in Argentina del 1978 e il testo di Horacio Verbitsky che racconta con dovizia di dettagli il clima in cui si svolsero le partite e i tentativi dei militari al potere di far credere false le denunce sulla sparizione dei oppositori. “ Quando il pallone cominciò a rotolare la dittatura aveva già sequestrato e fatto sparire il 90% delle sue vittime” (pag. 21).
Molteplici gli argomenti trattati sia nei 25 poster che nei 25 testi. La pena di morte ad esempio è affrontata da Sandro Veronesi con un’intervista ad un condannato negli USA; la campagna di Amnesty contro la tortura è rappresentata con un efficacissimo poster e un testo denso e pieno di domande dell’attore Filippo Timi intitolato “ Fra le bestie, l’uomo è la più feroce”; il poster della campagna contro il lavoro minorile nel mondo intitolata: “Basta! La ricreazione non esiste per milioni di bambini”, è correlata da un testo terribile della giornalista messicana Lydia Cacho sui bambini schiavi in Messico, India e Bolivia.
E ancora poster e articolo sul conflitto israelo-palestinese, sulle donne afgane, sul massacro di Srebrenica, sull’omicidio di Anna Politkovskaja. E tanti altri ancora.
Finisco citando il testo di Roberto Saviano, il primo contenuto nel libro. Si riferisce alla campagna di Amnesty della fine degli anni ’70 contro la repressione del dissenso nell’Unione Sovietica. Il poster, che rappresenta il volto di un uomo con le mani che afferrano le sbarre che lo imprigionano, contiene una grande scritta: “Il suo crimini: pensare. Se lo dimentichiamo morirà”.
Il testo di Saviano che accompagna e commenta il poster mi ha colpito per una coincidenza che mi riguarda. Roberto cita infatti un testo della poetessa russa Anna Achmatova che io adoro; è una specie di prosa poetica che introduce una sua raccolta intitolata “Requiem” che si riferisce agli anni terribili della repressione staliniana, durante la quale le furono portati via marito e figlio. Il testo in questione si intitola “ In luogo di prefazione” e l’ho sempre considerato il simbolo di ogni repressione e della capacità dei poeti di testimoniarla più e meglio di ogni resoconto giornalistico.
Saviano racconta l’esperienza personale di Anna Achmatova davanti alle carceri di Leningrado. “ Ogni mattina migliaia di donne si mettono in fila davanti alle carceri sovietiche portando dei pacchi, spesso vuoti, soltanto per vedere l’espressione del secondino. Se il secondino accetta il pacco significa che la persona, marito, figlio, fratello è viva. Se non lo accetta è stato fucilato” (pag. 19). Saviano prosegue parafrasando il contenuto di “ In luogo di prefazione della Achmatova .Credo che far parlare direttamente la poetessa dia il senso della scelta di Saviano di raccontare proprio questo testo.

 Negli anni terribili della ežóvščina ho passato diciassette mesi in fila davanti alle carceri di Leningrado. Una volta qualcuno mi “riconobbe”. Allora una donna dalle labbra livide che stava dietro di me e che, sicuramente, non aveva mai sentito il mio nome, si riscosse dal torpore che era caratteristico di noi tutti e mi domandò in un orecchio (lì tutti parlavano sussurrando):
– Ma questo lei può descriverlo?
E io dissi:- Posso.
Allora una sorta di sorriso scivolò lungo quello che un tempo era stato il suo volto”.

APPRONDIMENTO IN RETE

http://50.amnesty.it/storia/peter-benenson
http://www.amnesty.it/index.html

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