Copertina_Bardelli_D_I_pesci_altruisti

Trascrizione dell'intervento di Bruno Giorgini alla presentazione del mio romanzo I Pesci altruisti rinascono bambini a Bologna lo scorso 6 Luglio

Sono un professore di Fisica, un lettore accanito e conosco Dianella da qualche tempo.
“Introduzione- come nasce una storia. Se la giornalaia, oggi 18/2/2007 fosse stata aperta, se non
fossi tornata subito indietro pensando devo andare a M., devo prendere la macchina per andare a prendere i giornali, se non avessi pensato non prendo con me il cane perché voglio far presto e perché fa ancora troppo freddo, casomai lo porto a fare un giro dopo mangiato, non avrei pensato: ho freddo alle mani toccando i 9 euro che ho in tasca, e se non mi avesse cominciato a far male il ginocchio sinistro non avrei pensato ecco l’inizio del nuovo romanzo: “Ho freddo alle mani e ho in tasca 9 euro”. Così un po’ di storia c’è già: 1. lei, che si chiama Katia, col pastrano che ha addosso stamattina, i guanti grigi di lana che non scaldano, va via, si chiude la porta di casa alle spalle e prende una strada, la solita che fa ogni giorno in macchina per andare al lavoro, prende quella strada con 9 euro in tasca e va; 2. fa freddo; 3. cammina un’ora. Si ferma, riposa; 4. cammina un’altra ora: in un bar cappuccio e pasta. Chiede se hanno bisogno di una cameriera, dicono no. Cammina lungo un argine, abbandona la strada. In una casa c’è una vecchia. Ha bisogno di un aiuto? Sì. Vitto e alloggio e 300 euro al mese. Ok.”
Questo è l'inizio, si chiama appunto introduzione, come nasce una storia, ed è un inizio folgorante. Allora io ho letto questo inizio e mi sono fermato, ho smesso di leggere. Ho smesso di leggere perché ci vuole un tempo per la lettura, mi è sembrato di percepire che questo era un libro che andava letto tutto d'un fiato; ci sono libri che vanno letti tutto d'un fiato. Il vecchio e il mare di Hemingway va letto tutto d'un fiato, Guerra e pace no, non solo perché è lungo, ma perché va letto a pezzi, pagina pagina. Questo va letto tutto d'un fiato, ho aspettato di avere il tempo. Il tempo è venuto una volta che dovevo andare a Ravenna, i treni ci mettono parecchio e ho preso e l'ho letto in treno; si legge bene questo libro in treno, è un gran pregio, è un buon tascabile. Come voi sapete i tascabili furono inventati dall'esercito americano durante la seconda guerra mondiale perché dovevano stare nelle tasche delle giubbe dei soldati ed erano uno strumento per lottare contro la depressione. Pubblicarono Faulkner, Hemingway, Dos Passos, li facevano in tascabile e noi poi viviamo in un mondo in cui, per così dire, c'è una guerra. A vari livelli. Spesso ci sentiamo in guerra.
Allora intanto che cos'è questo libro?. Secondo me, io l'ho letto così, è un libro sulla percezione delle cose. Si potrebbe intitolare Trattato sulla percezione. E' una descrizione del mondo. Qualche cosa del tipo La vita istruzioni per l'uso di Perec.
Katia, questa signorina, o signora chissà, cosa fa? Fa un viaggio. In cui tenta di raccontare continuamente il suo sentire interiore con ciò che vede, con ciò che incontra. Non sempre funziona, delle volte lei scivola, cade, perché la percezione dei desideri è diversa con quella esterna, alle volte invece si accordano. Ed è una ricerca comune agli esseri umani. Anche Katia è un essere comune. Ad esempio delle volte è stupida. Sempliciotta. Questo è un pregio all'interno del libro. Ad esempio se uno legge Anna Karenina, non può mai innamorarsi di Anna Karenina, è inarrivabile Anna Karenina, è sublime, è una cosa che sta lassù, non si riesce a toccare. Non a caso il riferimento di Dianella Bardelli è Kerouac; cosa ha inventato Kerouac? La grande invenzione letteraria di Kerouac è stato il registratore. Ovvero che scriveva come noi tutti parlavamo, noi tutti proprio no, loro tutti che stavano là. Ovvero il mondo di Kerouac è popolato di persone comuni, così come noi abbiamo la sicurezza di incontrare. Ecco, Katia si può incontrare qui dentro. Questo è un suo luogo, Anna Karenina non si potrebbe mai incontrare qui dentro. E questo è uno dei cuori battenti di questo libro, il fatto che vive nel mondo, e un po' di mondo vive nel libro. E poi questo viaggio ha alcune caratteristiche, caratteristiche che sono poi di Katia, che lei enuncia di tanto in tanto, ma enuncia queste caratteristiche e non è mai altezzosa o didascalica, cioè non vuole insegnare niente al lettore. Le parole di Katia sono quelle che incontriamo ovunque. Allora sono: libertà, semplice, felicità, fuga. Se voi ci pensate: libertà, semplice, felicità, fuga. Allora uno dice libertà, semplice, felicità… ci intendiamo, ma la fuga? La fuga da che cosa? In realtà scappa mica da niente Katia, l'unica cosa che ho trovato fortemente sbagliata, che non mi è piaciuta, quello che è scritto nel retro, che è sposata e vive in una bella casa di campagna, ma questo nel libro non c'è, che è sposata lo veniamo a sapere, ma importa praticamente niente, poteva essere sposata, il fatto di svelare la vita del personaggio nel retro di copertina personalmente lo avrei evitato. Katia è Katia e come si dice a Bologna Bona lè. La fuga in questo libro è molto molto moderna. Attualissima. E' attuale quanto il reportage di un grande giornalista, come Paolo Rumiz per dire uno che mi piace molto. La fuga è la caratteristica di moltissime persone che vivono nella nostra società, non so se in Italia o dappertutto. Immagino dappertutto, in Italia certamente è così. Io lavoro all'Università e conosco parecchi giovani, sono perennemente in fuga, se uno gli chiede da dove stai scappando citano 150 cose ma si capisce che di quelle 150 cose nessuna è essenziale. Stanno scappando e basta. Cioè il mondo oggi è pieno di gente che fa la valigia e se ne va dalla catastrofe del mondo. Però una volta si poteva andarsene dalla catastrofe del mondo perché uno andava in America ed era veramente un altro mondo, oppure andava in India, la mia generazione è andata in India, ed era veramente un altro mondo, adesso non c'è più l'altro mondo, la globalizzazione in questo senso ci ha fottuti. L'altro mondo non c'è più, quindi non si scappa più da qualcosa per andare in qualcos'altro, no si va in fuga. Katia è perennemente in fuga, anche quando trova un luogo dove sta bene, una persona con cui sta bene, lei si sposta. Non vuole essere sulla traiettoria di niente e di nessuno, neanche sulla traiettoria dei baci, e questa caratteristica della fuga è raccontata secondo me molto bene ma soprattutto come fatto comune. Il paesaggio che è intorno a Katia, le descrizioni che fa, è qua e là, se voi prendete da Reggio Emilia fino a Rimini, passando per Ferrara, il Polesine, ecc…, è qua e là, ogni tanto c'è questo argine che compare, questo mare che ogni tanto compare, una scuola che anche lei compare, e quella scuola che sembra così accogliente ad un certo punto della storia, in poco meno di un battito di ciglia si trasforma in un luogo in cui lei non vuole stare. Così è la stessa cosa con le relazioni con gli esseri umani. Katia ad un certo punto ha un modo per fare soldi, diciamo così fa una forma di prostituzione leggera con due giovanotti. Anche questa è una fuga. Katia era stata in fuga dai ricordi di un altro che si chiama Andrea e che è piuttosto insipido, noioso, fa parte di un mondo di noia. E lei ha sempre vissuto questa illusione su questo passato, c'è qualcosa che salvava del suo passato da cui non fuggire, non è che non lo salva, in qualche modo sospende il giudizio. Però c'è qualcosa nel suo passato che brilla, e che ogni tanto macina dentro di sé. Questo qualcosa ricompare, ha un nome, un giovane uomo pieno di ideali nel ricordo, forse un po' trascurato con gli altri, ma cosa ci vuoi fare, ha intrapreso una strada mistica di tipo buddista, ma poco importa, potrebbe anche essere uno che scava una miniera…e lei lo incontra. Per caso capita in un posto dove lui fa una conferenza, e parlano insieme, e alla fine di questo dialogo lei non ne può più di questo giovane, non so se sia un effetto voluto o no, però Madonna mia uno così e meglio perderlo che smarrirlo. E infatti se ne sbarazza, a quel punto la fuga diventa totale, c'è una sola possibilità ed è la fuga perché anche nel passato non c'è nulla, non tanto che vada salvato, il passato è un luogo da cui fuggire esattamente quanto il futuro. Poi c'è una soluzione alla storia, e la soluzione è questa: “ Intanto Giacomo e Sandro ( sono i due ragazzi con cui lei fa l'amore a pagamento con tranquillità, fa l'amore a pagamento …non c'è nessun giudizio morale, è un pezzo della sua vita) si sono svegliati, si guardano intorno con aria annoiata, forse vorrebbero andarsene, ma Katia li guarda sorridendo beata e dice loro: “Ehi! Ragazzi, non dovevamo appartarci?”. E' una vita interamente vissuta nel presente che non ha nessun senso al di fuori del vivere la vita nel presente. Allora uno ci può ricamare sopra, è una radicale disperazione…bò, è una radicale affermazione di sé…bò. Ecco l'unica cosa che non mi è piaciuta…io l'avrei chiuso qui, sul capitolo sesto ho scritto no, l'ho letto e poi l'ho chiuso. Nel senso che per rileggerlo mi sono fermato prima a questa frase che dicevo. Nel capitolo sesto in fondo cosa succede? Succede che appunto che i pesci altruisti rinascono bambini, c'è che la soluzione diventa consolatoria. Lei rimane incinta. Sì c'è anche quello nella vita, però mi sembra il vaso di fiori messo sulla tavola dove non c'è niente. In realtà su quella tavola c'è un mucchio di roba, dipende da come uno ci sta alla tavola. Quindi io mi sono molto divertito nel senso pieno del termine a leggere le avventure di Katia, perché sono avventure costruite con un materiale quotidiano, e poi Katia non è disperata, ha dei momenti di felicità intensissimi, quando va in spiaggia ad esempio con un panino e la coca-cola, ci sono anche altre cose…però non c'è mai sentimentalismo, ad esempio lei ad un certo punto prova un gran senso di libertà e forza e lo dice a se stessa: “ma ho la mente che dimentica velocemente, sono una ragazza superficiale, dice a se stessa, con soddisfazione…Non è riconoscenza la sua no, no, è è puro divertimento, contentezza di aver avuto da loro degli spiccioli di cui evidentemente possono privarsi e che a lei servono per …”. Questa cosa qua secondo me, è un modo per raccontare l'accordo tra l'interiorità e l'esteriorità, il tentativo di trovare un paesaggio che corrisponde al paesaggio interno e viceversa, trovato il buon paesaggio esterno c'è il tentativo di accordare il proprio interno con quel buon paesaggio, in modo che questa armonia, questo andare dall'interno all'esterno sia una possibilità di felicità a volte…, a volte di forza, a volte di intelligenza, è secondo me la chiave di volta di questa avventura che noi leggiamo. L'ho letto proprio come un libro di descrizione e di avventura. In un paesaggio anche questo secondo me molto legato all'oggi, in cui non c'è distinzione tra città e campagna. Si parla tanto, siamo inurbati, la campagna non c'è più…In questo libro non c'è né la città né la campagna. In questo libro c'è una specie di melting pot tra città e campagna, anche questo viene da Kerouac, se leggete On the road, Kerouac viaggia sempre in città anche quando è in mezzo ad un posto solitario, lo stesso fa Allen Ginsberg. Allen Ginsberg quando racconta delle sue esperienze in India è sempre in città, tanto che io a volte mi sono domandato se ci sia mai andato sul serio, pare di sì. Lui è sempre in città, dentro quel panorama della grande poesia di Urlo. Katia è sempre sull'argine, a cavallo di cose che si rimescolano, quell'argine è un argine che sta nelle città. E poi ci sono alcune frasi… nello stesso tempo lei dice “io non sono niente, si ripete”, oppure “le storie non vanno neanche incominciate”, “ e tutta vestita dorme perfettamente bene fino al mattino”. E' sempre così, c'è sempre una leggera sfasatura, e l'autrice è abile a non farci la spiegazione della sfasatura. Non ha bisogno Katia di spiegare perché nella pagina vive. La scrittura, come voi sapete, è una forma di vita, ecco questa è una forma di vita, in quanto tale è scrittura, in quanto tale io vi dico che mi sono molto divertito a leggere. Per esempio: “Quando riapre gli occhi rimane ferma, sdraiata sul letto, e volge tutt’intorno lo sguardo. L’angolo cucina è composto da
un mobiletto a due ante di laminato bianco sopra i due fuochi a gas, da altri due più grandi ai lati, e poi da un piccolo frigorifero e un lavello in acciaio. In mezzo alla stanza c’è il tavolo di legno color marrone chiaro, intorno quattro sedie di formica gialle, un piccolo cassettone e l’armadio a due
ante color legno chiaro che già contiene gli abiti di Katia. Sopra il letto attaccato al muro aveva già notato il busto di una madonnina in gesso colorato, col velo azzurro in testa bordato d’oro, il viso liscio e chiaro di fanciulla, gli occhi che non guardano ma si fanno guardare; una piccola statua
di madonna tutta velata di bianco è anche sopra il cassettone”. Allora per vedere se una cosa è ben scritta oppure no, c'è una cosa che si può fare. Voi provate a leggere questa descrizione e scoprirete che questo è il numero di parole essenziale, non si può scrivere altro che così, in alcune descrizioni c'è quella che un grande poeta, Paul Celan ha chiamato “unicità destinale del linguaggio”.
Quando uno scrive così si può dire che è un buon scrittore oppure no…Ce ne sono altre. Ci sono altre cose che mi piacciono da pazzi. “ A questo punto viene da chiedersi di cosa sia piena o vuota la vita di Katia”. Questa vita di Katia nata dal rifiuto di un'altra vita fatta di una casa, di un lavoro. Di cosa è piena la vita di Katia? “E' molto piena ma per esserlo è stata svuotata da quello che la riempiva prima. La vita è un gran recipiente”. Che è un po' quello che diceva mia nonna, che il cuore umano è molto capiente. Poi c'è la scena magistrale della coca-cola quando mangia in spiaggia. Io ho finito, potrei dire altre cose, ho segnato altri pezzi…Ad esempio anche il cuore compare solo ogni tanto. Ad un certo punto c'è un tuffo al cuore, poi c'è un forte batticuore, poi le martellate al cuore. Anche questo è non so come dire… la dico in un altro modo, è un po' un capolavoro, ma non nel senso letterario del termine, nel senso dei metalmeccanici. Io quando ero studente ho provato…ho lavorato in una fabbrica che si chiamava La Ducati Elettrotecnica, ma prima alla Menarini dove ti facevano fare “il capolavoro”. Cos'è il “capolavoro”? Con me erano stati gentili perché avevano capito che ero uno studente, ad altri davano cose più difficili, ti davano un pezzo di ferro e dovevi fare ad esempio un cubo di dieci cm di lato. Figuriamoci se ero buono di fare quello. Cioè il capolavoro è la precisione, l'esattezza, è un esercizio di precisione ed esattezza in cui non c'è niente di troppo e niente di troppo poco. E' quella cosa lì che deve essere. Questo libro è ciò che deve essere. Un libro che uno si diverte a leggere.

4 Risposte a “”

  1. confermo ogni parola!! il libro si fa leggere tutto d'un fiato. in effetti io l'ho letto in una notte…
    per quanto riguarda la fine nella maternità invece a me non è dispiaciuta… sarà che ho due bimbe… sarà che in questo libro ci ho visto anche molta femminilità, molta sensualità nei movimenti negli sguardi, nei gesti anche appena accennati. e la maternità secondo me ci sta come completamento del percorso femminile…. come ulteriore esperienza del corpo femminile….

    ciao

    annarita

  2. mi fa piacere che l'intervento di Bruno ti abbia interessato, anche la tua lettura del finale che è consolatorio, ma voluto, nel senso che Katia non avrei potuto lasciarla per strada…e poi sì lei si perde ma si ritrova nella maternità e in un nuovo rapporto, è così che la vedo ci si perde e poi ci si ritrova…chi in un modo chi in un altro, anche se a volte il ritrovarsi è difficile da vedere all'esterno,  ma non nel caso di Katia, in lei, nella sua evoluzione personale, non so se lo hai notato ha molta importanza la figura della vecchia signora
    ciao
    Dianella

  3. (una domanda che mi piace fare ma non importa che rispondi…)perchè non avresti potuto lasciarla per strada? è interessante…
    ci vediamo domani!
    ciao

  4. sì, è una domanda interessante…il fatto è che una volta che ha deciso per il bambino come fa a vivere di espedienti? Così ho preferito il finale "consolatorio"; forse perchè mi rappresenta meglio anche personalmente; e poi credo che il "viaggio" preveda sempre un ritorno, anche per Kerouac e Ginsberg in fondo è sempre stato così
    ciao
    Dianella

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