Cosa sarebbe successo se Jack Kerouac avesse incontrato Lama Yeshe?

 Allen Ginsberg si convertì al buddismo tibetano dopo aver conosciuto Chogyam Trungpa. Da quel momento fu un praticante per tutta la vita. Alla sua maniera anticonformista e personale, naturalmente, con tutte le contraddizioni e i conflitti rispetto ad un convertito occidentale “normale”, ovvero di quelli tutti “ammodino”. Credo che la pratica più importante di Allen (oltre alla meditazione quotidiana) sia stata la generosità. Verso tutti, amici, amanti, poeti squattrinati, associazioni e gruppi vari. Allen ebbe il tempo di incontrare il Dharma nella sua versione tibetana. Jack Kerouac no. Perché morì nel 1969 e non poté partecipare, se mai l’avesse voluto, alla diffusione del buddismo tibetano negli Stati Uniti. Però può essere un “gioco” divertente porsi la domanda: cosa sarebbe successo se Jack avesse incontrato Lama Yeshe? Kerouac negli anni 50′ studiò intensamente la filosofia buddista e ha scritto anche una pregevole Storia di Buddha. Ha anche meditato secondo quello che imparava da Gary Snyder del buddismo Zen. Perlomeno ci ha provato. Ma poi negli anni ’60 è tornato alla religione cattolica delle sue origini familiari. Sarebbe accaduto questo se avesse incontrato la figura carismatica ( in senso religioso) di Lama Yeshe? Naturalmente è un ipotesi quanto mai impossibile sul piano concreto. Jack non fece mai, a differenza di Allen, un viaggio in Oriente. Non si sarebbe mai spinto così lontano se non sul piano del desiderio e della poesia. Ma se lo avesse fatto? O meglio, e più plausibilmente se fosse vissuto abbastanza a lungo da incontrare Lama Yeshe in uno dei suoi soggiorni negli Stati Uniti dove cominciò ad andare a partire dalla metà degli anni ’70 ad insegnare il Buddismo tibetano? Come avrebbe reagito Jack se gli fosse venuto il ticchio di andare a sentire questo Lama di cui, per ipotesi, qualcuno gli avesse parlato? Che effetto gli avrebbe fatto? Sarebbe stato come per molti un fulmine benefico che gli avrebbe potuto perfino salvare la vita dall’alcool? Kerouac ammirava moltissimo Gary Snyder, che era buddista zen e che lui mise al centro del suo romanzo “I vagabondi del Dharma”. Quindi non è del tutto fuori luogo domandarsi se la stessa o meglio una maggiore ammirazione l’avrebbe provata per un Guru come Lama Yeshe. Jack non era tipo da mezze misure. O l’avrebbe adorato diventando un suo discepolo, o l’avrebbe rifiutato, ma solo perché non se ne sarebbe ritenuto degno. Non si voleva bene Jack e forse intravedendo davanti a sé l’arduo cammino del cambiamento, non lo avrebbe neppure iniziato. Nonostante che se c’è uno scrittore mistico questo è Jack Kerouac. Ma è un mistico senza resurrezione, senza conversione, senza miracolo. Per tutti sì, ci può essere resurrezione, conversione, miracolo. Per lui no. Lui non se ne reputava degno. Troppo alcolizzato e troppo legato all’idea che aveva di sua madre. L’unico essere che lui adorava perché solo da lei si sentiva riamato nonostante non se ne sentisse degno. Ma Lama Yeshe lo avrebbe amato proprio così. Nonostante il bere e le donne e la cattiva condotta verso di loro. Lo avrebbe amato. Non giustificato si badi bene. Molti di quegli hippies che incontrarono Lama Yeshe piansero ascoltandolo perché sentivano che anche se stava parlando a 200 persone Lama Yeshe parlava al cuore di ognuno di loro. Davanti a Lama Yeshe si sarebbe messo a piangere per le sue disgrazie Jack? O sarebbe scappato? Si sarebbe salvato dall’alcool stando a contatto con questo Lama? Mi sa che sarebbe scappato. Non per paura. Non perché pensasse che l’alcool fosse il suo unico aiuto. Ma perché vedendo in Lama Yeshe la santità non se ne sarebbe ritenuto degno. E’ un sentimento che posso capire. Non mi sono mai ubriacata in vita mia. Né fumato spinelli o usato altre droghe. Non sentirsi degni di essere salvati non c’entra con questi vizi. Non è qualcosa che dipenda da cause tangibili come dipendenza da alcool o droghe. E’ qualcosa di più profondo. Come un marchio invisibile che porta certi a non volerci neanche provare a salvarsi. Ad essere del tutto o almeno un po’ felici.

 

Pubblicato da Dianella Bardelli

In questo blog sono presenti miei racconti, mie recensioni di romanzi e saggi su vari argomenti, soprattutto sulla letteratura della beat e hippy generation. Scrivo romanzi, spesso ambientati negli anni '70-'80'; e poesie; ne ho pubblicati alcuni : Vicini ma da lontano, I pesci altruisti rinascono bambini, Il Bardo psichedelico di Neal ; è un romanzo sulla vita e la morte di Neal Cassady, l’eroe di Sulla strada. Poi ho di recente pubblicato il romanzo "Verso Kathmandu alla ricerca della felicità", per l'editore Ouverture; ho pubblicato un libretto di poesie: Vado a caccia di sguardi per l'editore Raffaelli. Ho ancora inediti alcuni romanzi, uno sulla vita e la poesia di Lenore Kandel, poetessa hippy americana; un secondo invece è un giallo ambientato nella Bologna operaia e studentesca del '68; un terzo è è sull'eroina negli anni '80 a Milano e un altro ancora sul tema dell'amore non corrisposto. Adoro la letteratura della beat e hippy generation, soprattutto Keroauc, Ginsberg e Lenore Kandel. Scrivo recensioni su http://samgha.me/ e http://cronacheletterarie.com/ mio profilo in Linkedin: http://www.linkedin.com/pub/dianella-bardelli/45/71b/584

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