“Godbody” di Theodore Sturgeon, e il suo Dio hippy

In un piccolo villaggio americano una coppia di “haters”, in un’epoca imprecisata che sembra quella degli anni ’60, tiene in pugno il paese confezionando notizie false su chiunque non sia già sotto il suo controllo e di quello della parte più retrograda e sessuofobica della popolazione. Questo romanzo, pubblicato in America nel 1986 ad un anno dalla morte di Theodore Sturgeon e ora tradotto da poco in italiano per le edizioni Atlantide, contiene un’incredibile anticipazione dei nostri tempi alle prese con gli haters dei social network e i professionisti di fake news. Ma Sturgeon non è nuovo a simili capacità di di profetizzare il futuro dell’umanità. Considerato uno dei più grandi scrittori di fantascienza, in realtà in vari casi le sue storie se ne distaccano. Personalmente non lo leggo come scrittore di questo genere letterario, ma come uno scrittore di storie strane che mi fanno riflettere. Cominciò a scrivere negli anni ’60 prima pubblicando racconti per delle riviste, poi si dedicò alla scrittura di romanzi; i più famosi sono “Cristalli sognanti”, “Più che umano”, “I figli della medusa”.
Negli ultimi mesi mi sto dedicando alla lettura delle opere di questo scrittore. Al momento oltre a Godbody ho trovato straordinario “Più che umano“, in cui Sturgeon racconta la storia di un gruppo di bambini e ragazzi emarginati da tutti che armati di una grande empatia reciproca riescono ad ottenere poteri “più che umani”, ad esempio comunicano tra loro in maniera telepatica. Godbody si propone sulla scia di tematiche simili.
Ma chi è Godbody?, ci si chiede spesso in questo romanzo. Lui compare nel piccolo villaggio una bella mattina di primavera. Si mostra per primo al giovane pastore della chiesa locale seduto su un muretto. Godbody è come il pane, nudo, fresco, bello. Capelli rosso rame, zigomi alti e piatti, un corpo forte, possente, occhi ricchi di sfumature tra il marrone e il color cannella. La descrizione del suo fisico e della sua postura nelle prime righe del romanzo ha un che di leggiadro e al tempo stesso misterioso. E subito abbiamo l’impressione anche noi lettori come il pastore di trovarci di fronte ad una entità soprannaturale. Vogliamo che sia così, ci speriamo davvero molto. Dan, il pastore, ci avverte subito che non si sa se la storia di Godbody che si appresta a raccontare è realmente accaduta così come lui ce la propone, potrebbe anche aver aggiunto qualcosa, ” ma in questo caso il ricordo è perfetto”. A questo proposito mi viene da pensare che questa frase Sturgeon non l’abbia buttata lì senza una qualche intenzione. Chi può davvero dire come siano andate le cose in un momento che è già passato? Quello che ognuno di noi ha vissuto potrebbe anche essere narrato come una favola insieme a tutte le altre che la gente nel mondo si racconta l’un l’altro continuamente.
Godbody appare nel villaggio quando la coppia di haters sta per compiere l’ennesima e distruttiva falsa notizia. Lo scopo è screditare Liza, la moglie del pastore, colpevole solo di essere troppo bella. Il marito è l’esempio della bontà, disponibilità e attenzione al prossimo, e questo agli occhi della coppia di haters è già una colpa, lei d’altro canto è troppo bella. Come a dire che bontà e bellezza sono un binomio che può scardinare il fondamento sui cui si regge questa microsocietà, cioè il controllo. Il controllo è l’ossessione dei due odiatori, qualunque crudeltà è giustificata per non perderlo. E’ un caso che una dei due sia la redattrice del periodico cittadino e l’altro un banchiere? Ovviamente no. Informazione e soldi sembrano essere anche qui le due armi più potenti del dominio, anche se Sturgeon rimane sempre agganciato alla trama senza mai scadere nell’ideologico. Ma che la storia che racconta oltre a goderla di per sè si possa anche intendere come metafora dell’intera società, mi viene spontaneo pensarlo. Una cosa è sicura, Sturgeon ci accompagna dentro la storia dividendo nettamente i buoni dai cattivi. I primi sono quelli che il vangelo chiama mansueti, cioè i privi di malizia, arroganza, invidia. I secondi sono i portatori di queste qualità negative. Godbody arriva proprio in mezzo alla vita degli uni e degli altri. E’ nudo perché tutto è nudo in natura, alberi, animali, foglie, fiori. Vestireste un fiore? ci induce a chiederci Godbody. Ad un certo punto dice: “Una persona nuda può mentire, ma è difficile”. Come dire che i vestiti con cui ci copriamo, le loro illimitate fogge, sono le armi con cui continuamente mentiamo a noi e agli altri.
Una cosa che mi è successa mentre leggevo questo romanzo è che ho provato davvero rabbia per i due haters e per quanto fosse facile per loro rovinare la vita delle persone che hanno preso di mira. Una l’hanno addirittura portata al suicidio. Potrebbero fare altrettanto con altri. Sì perché i buoni della storia non fanno niente per ostacolare le azioni malvagie dei falsificatori di notizie. Perché? Perché il male non lo vedono fino a che non ne sono sfiorati o colpiti. E’ come se Sturgeon volesse dirci che il male esiste perché è invidioso del bene.
Ma chi è Godbody, dunque, e che ruolo ha nella storia? E’ quello che tutti cerchiamo, ovvero colui che tutti vorremmo esistesse da qualche parte tra cielo e terra e vorremmo così tanto incontralo. Nel romanzo di Sturgeon è colui che salva e guarisce. E’ nudo, bellissimo, sensuale, ascetico. Personalmente lo vedo come una divinità hippy. Godbody usa la propria nudità come veicolo per raggiungere empaticamente gli altri. Come già in “Più che umano”, qualcuno ha il potere di vedere dentro l’animo altrui, le sue emozioni gli sono chiare, a lui basta guardarti negli occhi per capirle. Se è richiesto guarisce dai mali fisici e psicologici. Così in poco tempo i buoni del villaggio si radunano intorno a lui. Perfino uno dei due haters, il banchiere, rimane ipnotizzato da Godbody quando nel romanzo lo incontrerà. Lui insegna ad amare, anche con il sesso, non tramite il sesso. Dice: ” Devi amare con – non tramite lui – se riesci ad amare con o senza di lui allora puoi amare con lui”. Quello di Godbody, si intuisce nel romanzo è un “ritorno”. Non è la prima volta che la divinità hippy, come l’ho chiamata io, si mostra agli uomini. Allora come non ricordare per associazione d’idee il ritorno di Gesù ne “La leggenda del santo inquisitore” di Dostoevskij? La sua colpa più grande secondo l’inquisitore è stata rendere gli uomini liberi. Infatti, come dice il pastore Dan alla fine del romanzo, ormai deciso ad abbandonare la sua carica, per abbracciare il culto di Godbody, Gesù ” ci ha liberati di sua volontà dal peccato e quindi dal senso di colpa”.

Pubblicato da Dianella Bardelli

In questo blog sono presenti miei racconti, mie recensioni di romanzi e saggi su vari argomenti, soprattutto sulla letteratura della beat e hippy generation. Scrivo romanzi, spesso ambientati negli anni '70-'80'; e poesie; ne ho pubblicati alcuni : Vicini ma da lontano, I pesci altruisti rinascono bambini, Il Bardo psichedelico di Neal ; è un romanzo sulla vita e la morte di Neal Cassady, l’eroe di Sulla strada. Poi ho di recente pubblicato il romanzo "Verso Kathmandu alla ricerca della felicità", per l'editore Ouverture; ho pubblicato un libretto di poesie: Vado a caccia di sguardi per l'editore Raffaelli. Ho ancora inediti alcuni romanzi, uno sulla vita e la poesia di Lenore Kandel, poetessa hippy americana; un secondo invece è un giallo ambientato nella Bologna operaia e studentesca del '68; un terzo è è sull'eroina negli anni '80 a Milano e un altro ancora sul tema dell'amore non corrisposto. Adoro la letteratura della beat e hippy generation, soprattutto Keroauc, Ginsberg e Lenore Kandel. Scrivo recensioni su http://samgha.me/ e http://cronacheletterarie.com/ mio profilo in Linkedin: http://www.linkedin.com/pub/dianella-bardelli/45/71b/584

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