Che la vita sia fatta di incontri avvenuti e mancati lo sappiamo tutti per esperienza personale. Neal Cassady, giovane ragazzo di strada nella Denver degli anni ’40, non ne mancò nessuno. Il primo avvenne con la strada, nacque infatti nel 1926 durante una sosta a Salt Lake City dei suoi genitori che stavano viaggiando su una scassata automobile in cerca di fortuna. L’ultimo avvenne anch’esso con la strada 42 anni dopo, una notte lungo una ferrovia messicana per un connubio mortale di troppa vita, troppa anfetamina, troppi barbiturici. In mezzo a questi due appuntamenti che ci fanno riflettere su cosa siano il caso e le coincidenze, vi furono altri incontri che fecero di Neal non più uno dei tanti bad boys dell’America anni ’40, ma un personaggio letterario, nato sulle pagine di due scrittori da lui molto amati e da cui fu molto amato: Jack Kerouac e Allen Ginsberg. Neal Cassady è infatti il protagonista del fortunato e bellissimo romanzo di Jack Kerouac, Sulla strada, storia di scorribande in auto da una costa all’altra degli Stati Uniti, così come anche di Visione di Cody, nostalgica rievocazione della loro amicizia. Compare anche in molte poesie di Allen Ginsberg, di cui fu per un breve periodo, all’inizio della loro conoscenza, amante e poi grande amico. Da quel momento il personaggio letterario si sovrappose al Neal reale e il suo destino fu quello di impersonare per tutta la sua breve vita l’eroe beat: ardito, senza regole, amato da tutte le donne, che si fa di qualunque sostanza, che può guidare automobili per migliaia di chilometri senza fermarsi mai, che compare continuamente in racconti, chiacchiere, pettegolezzi, poesie, che viene richiesto ovunque.
Fai Neal, sembrava chiedere la gente, e lui lo faceva. Per vent’anni Neal fu il protagonista indiscusso prima della scena beat e poi di quella psichedelica, guidò infatti l’autobus del Merry Prankers di Kene Kesey ( autore del romanzo Qualcuno volò sul nido del cuculo da cui fu tratta il famoso omonimo film), e infine sfiorò quella hippy.
Come si sa la gente che partecipa ad un movimento alternativo, quando questo movimento si esaurisce “torna a casa”. Lo fecero in molti quando il movimento beat e quello psichedelico, e infine anche quello hippy, esaurirono la propria energia propulsiva; lo fece Jack Kerouac che tornò a vivere con la madre, anche se dopo poco tempo l’alcol l’ebbe definitivamente vinta sulla sua volontà di smettere; lo fece Ken Kesey che tornò a fare lo scrittore; per quanto riguarda Ginsberg divenne un poeta e un leader acclamato dei diritti civili in tutto il mondo. Lo fecero migliaia di altri. Neal Cassady no. Lui non era uno di quelli che tornano a casa. Era di quelli che vanno sempre avanti. Per lui la strada non era un topos letterario. Era la sua vita e quindi fu anche la sua morte.
Vorrei concludere dicendo che Neal non fu solo l’ispiratore di romanzi e poesie, ma addirittura della stessa tecnica della prosa e poesia spontanea. Fu suggerita infatti a Kerouac ( che la utilizzerà in tutti i suoi romanzi e poesie) e a Ginsberg (che la imparò da quest’ultimo), da una lunghissima lettera che Neal scrisse a Kerouac ( andata perduta ). In essa, senza prendere fiato attraverso la punteggiatura, ma dando alla sua scrittura il ritmo incalzante della sua vita vissuta di fretta per battere l’inesorabile trascorrere del tempo sul suo stesso terreno, gli racconta di sé, della sua vita da vagabondo insieme al padre alcolizzato, delle ore e giorni passati nella sale biliardo, delle macchine rubate per una notte per divertimento. La sua epopea insomma, di cui ci è rimasta traccia in una sua autobiografia intitolata Il primo terzo in cui egli descrive il primo terzo appunto della sua vita.
Ho un amore e una tenerezza speciale per Neal come per tutti quelli che non sono dei perdenti semplicemente perché non vogliono vincere.