Volevo una fede

Dopo decenni di ateismo ero in crisi, volevo una fede. La cercai di fronte a casa mia nella bella grande chiesa. Uscii dal mio appartamento con le lacrime agli occhi, attraversai la strada, entrai in chiesa, mi asciugai gli occhi e incontrai il sagrestano. C’è il parroco per favore?, gli dissi, dovrei parlargli di una cosa. Lui mi guardò strano e mi indirizzò ad una porta. Bussi e entri, mi disse. Lo feci. In fondo ad una grande stanza c’era un giovane prete intento a leggere. Senza alzarsi si voltò verso di me. Dovrei parlarle, dissi. Lui allora si alzò e mi venne incontro. Sono tanti anni che non vengo più in chiesa, cominciai a dirgli, ma ora dopo il recente divorzio da mio marito sono entrata in crisi, mi sento molto sola, vorrei tornare alla chiesa, venire alla messa, fare la comunione, aggiunsi. Questo colloquio avvenne anni fa e infatti il parroco mi disse: sì alla messa naturalmente può venire ma la comunione se è divorziata non la può fare. Ma perchè?, gli disse mettendomi a piangere. Questa è la regola, non lo sapeva?, disse lui. Uscii dalla stanza e dalla chiesa, tornai a casa a macerarmi per la delusione, per quel “questa è la regola, non lo sapeva?” Passarono i giorni, ci pensai molte volte a quel breve colloquio e alla fine decisi che se per la chiesa non ero degna di ricevere la comunione, la chiesa non avrebbe ricevuto neanche me. Era anni così quelli e chissà quanta gente sarà stata respinta dalle chiese come me quel giorno.

Mi misi a cercare un’altra religione. La trovai nel buddismo, che, mi è sempre stato detto da chi ne sa, non è una vera religione bensì “un sentiero spirituale”, “una filosofia”. Scopersi in seguito che nei paesi orientali dove il buddismo si è radicato nei secoli passati, è una religione, nel senso in cui anche noi in occidente la intendiamo, divinità di cui si crede, l’esistenza di un clero organizzato e depositario del canone, cerimonie e riti, preghiere. Ma da noi in occidente si usa dire che il buddismo non è una religione, penso per distinguerlo dal cristianesimo, in cui c’è un dio creatore. Questa libertà di pensiero che deriva dal non dover credere, dal non dover avere una fede attira molti occidentali e alcuni anni fa attirò anche me. Transfuga dalla chiesa cattolica che non mi voleva così com’ero, col mio divorzio doloroso sulle spalle cominciai a frequentare centro buddisti, ad ascoltare maestri, a seguire le loro indicazioni sulla meditazione. Mi sembrava di essere arrivata da qualche parte. Di aver trovato un luogo, un posto dove stare, soprattutto dove riposare. Ma lo stesso avevo dubbi. Perché in realtà la filosofia buddista prevede che si creda perlomeno nelle vite passate e in quelle successive, prevede che si creda nelle rinascite. Vedevo persone che non avevano dubbi in proposito, ci credevano fermamente, le invidiavo, io riuscivo solo a dirmi che era una spiegazione del dove si va a finire dopo morti che mi poteva andare bene sul piano teorico, ma non avrei potuto dire che ci credevo fermamente. Una cosa strana che succedeva frequentando persone buddiste era che non legavo con nessuna di esse sul piano personale, non diventavo amica di nessuno, rimanevano tutte semplici conoscenze, qualcosa si frammezzava sempre tra me e loro. Credo fosse quella loro sicurezza, quel loro essersi acriticamente rifugiate in qualcosa di così diverso, alieno quasi dalla nostra cultura occidentale. Sì penso sia stato questo l’ostacolo che non mi ha permesso di avere veri amici nei gruppi buddisti. Più che alla teoria e alla filosofia io ero interessata alla meditazione, mi sembrava aiutarmi nel mio affrontare il mondo, avevo l’impressione che mi tranquillizzasse almeno un po’. E poi subivo il fascino esotico dei maestri, ero catturata dal loro carisma, quello che mi dicevano diventava improvvisamente possibile. I dubbi, le perplessità arrivano dopo, ma non avevo nessuno con cui confrontarmi su queste, ai maestri si facevano domande e loro facevano risposte. Se dubbi e perplessità ti rimanevano era un problema tuo. Medita, ti dicevano, non importa che credi in qualcosa. Però ho sempre incontrato persone che in quel qualcosa ci credevano. Ho sempre pensato di essere l’unica incredula di ogni gruppo buddista che ho frequentato.

Poi è successa una cosa che ha cambiato tutto.

Pubblicato da Dianella Bardelli

In questo blog sono presenti miei racconti, mie recensioni di romanzi e saggi su vari argomenti, soprattutto sulla letteratura della beat e hippy generation. Scrivo romanzi, spesso ambientati negli anni '70-'80'; e poesie; ne ho pubblicati alcuni : Vicini ma da lontano, I pesci altruisti rinascono bambini, Il Bardo psichedelico di Neal ; è un romanzo sulla vita e la morte di Neal Cassady, l’eroe di Sulla strada. Poi ho di recente pubblicato il romanzo "Verso Kathmandu alla ricerca della felicità", per l'editore Ouverture; ho pubblicato un libretto di poesie: Vado a caccia di sguardi per l'editore Raffaelli. Ho ancora inediti alcuni romanzi, uno sulla vita e la poesia di Lenore Kandel, poetessa hippy americana; un secondo invece è un giallo ambientato nella Bologna operaia e studentesca del '68; un terzo è è sull'eroina negli anni '80 a Milano e un altro ancora sul tema dell'amore non corrisposto. Adoro la letteratura della beat e hippy generation, soprattutto Keroauc, Ginsberg e Lenore Kandel. Scrivo recensioni su http://samgha.me/ e http://cronacheletterarie.com/ mio profilo in Linkedin: http://www.linkedin.com/pub/dianella-bardelli/45/71b/584

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